martedì, maggio 25, 2010

IMAIE, BONDI, IL SISTEMA "PROTEZIONE CIVILE"

Mercoledi scorso l' On. Antonio BORGHESI ha interrogato il Ministro Bondi sulla vicenda IMAIE.Questo il resoconto della interrogazione, della risposta del Ministro e della sua replica.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, signor Ministro, c’era una volta l’Imaie, un istituto privato a tutela di artisti, interpreti ed esecutori. Con una serie di azioni e con procedure discutibili l’ente è stato soppresso, i lavoratori messi in mobilità ed ora sembra finire nell’orbita e nel controllo del suo Ministero, con un piccolo particolare: l’ente aveva un « gruzzoletto » di 120 milioni di euro, che d’ora in avanti, probabilmente, saranno gestiti direttamente da lei. Vorremmo sapere cosa ne pensa di questa vicenda.

PRESIDENTE. Il Ministro per i beni e le attività culturali, Sandro Bondi, ha facoltà di rispondere.

SANDRO BONDI, Ministro per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, le difficoltà dell’Imaie erano note da tempo agli operatori del settore. Il profondo stato di crisi in cui versava l’Istituto era dovuto non solo al mancato svolgimento della funzione di accertamento e ripartizione dei diritti tra i legittimi titolari, ma anche alla scarsa funzionalità delle procedure di ripartizione delle somme acquisite dall’Istituto, previste dal legislatore nel 1992. Si è reso, pertanto, necessario rappresentare tale situazione di estrema difficoltà al prefetto di Roma che, all’esito di una approfondita istruttoria, cui ha collaborato anche la guardia di finanza, ha dichiarato l’estinzione dell’associazione, per la cronica difficoltà a realizzare gli scopi statutari previsti. Il prefetto ha, conseguentemente, chiesto al presidente del tribunale di Roma la nomina dei commissari liquidatori ai sensi del codice civile. Il contenzioso amministrativo, successivamente instaurato dai vertici del disciolto Imaie, che si sono opposti ad ogni cambiamento, ha confermato la piena legittimità dell’operato del prefetto ed ha consentito l’avvio del procedimento di liquidazione dell’Istituto. Nel contempo, al fine di rimuovere le cause strutturali della crisi, che trovano origine – come ho detto – nella stessa inadeguatezza dei meccanismi di funzionamento dell’ente, si è reso necessario disporre un intervento normativo urgente mirante a un duplice scopo: da un lato assicurare piena tutela ai legittimi titolari dei diritti e dall’altro impedire il licenziamento dei dipendenti dell’Imaie, che sarebbe inevitabilmente conseguito alla cessazione dell’attività dell’associazione. In tal senso, l’articolo 7 del decreto legge, che ho proposto al Consiglio dei ministri, in corso di conversione, lungi dal voler interferire sul contenzioso pendente, prevede l’istituzione di un nuovo Imaie, quale associazione privata costituita, a differenza del vecchio Imaie, non dalle organizzazioni sindacali, ma direttamente dagli artisti, interpreti ed esecutori, assistiti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. In ogni caso, prima di entrare nel merito delle richieste formulate dall’onorevole interrogante, mi preme precisare immediatamente che i commissari liquidatori dell’Imaie sono stati nominati, dal presidente del tribunale di Roma, nelle persone dell’avvocato Giovanni Galoppi, del professore Enrico Laghi, dell’avvocato Giuseppe Tepedino e che le somme accertate dal vecchio Imaie, fino al 14 luglio 2009, saranno direttamente ripartite tra gli aventi diritto dai commissari liquidatori, che hanno recentemente reso note le procedure per la richiesta – da parte degli aventi diritto medesimi – del pagamento dell’acconto del 30 per cento del credito ammesso al passivo. Passando poi al merito dell’interrogazione, sottolineo che uno degli elementi di maggiore novità introdotto dal decreto legge è costituito dall’espressa previsione della vigilanza ministeriale. Questa previsione, lungi dal voler creare, come ipotizzato dagli onorevoli interroganti, una sorta di inappropriata gestione ministeriale delle funzioni, o peggio dei fondi dell’Imaie, mira proprio a prevenire e ad impedire il ripetersi, per il futuro, di situazioni di paralisi e di inefficacia nello svolgimento dei compiti di interesse generale del nuovo Istituto.

PRESIDENTE. L’onorevole Borghesi ha facoltà di replicare.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, mi reputo assolutamente insoddisfatto della risposta e questo perché la procedura che ha citato il Ministro dimostra un fatto. I primi commissari [con un compenso di 1 milione di euro ciascuno ndr] sono quelli che hanno permesso poi di arrivare alla soppressione dell’ente (Galoppi, Nastasi e Ferrazza: Galoppi, presidente del collegio sindacale dell’Associazione, di nomina ministeriale; Nastasi, capo di gabinetto del Ministro; Ferrazza, presidente dell’Ente teatrale italiano), e il procedimento amministrativo, che avrebbe garantito la situazione e che – come ha detto il Ministro – avrebbe accertato la regolarità dell’operazione svolta, è stato un ricorso presentato dallo stesso Ministro al Consiglio di Stato. Io registro – ma registro semplicemente – che il presidente della sezione che ha deliberato su quel ricorso è padre di una consulente dell’ufficio legislativo del Ministro per i beni e le attività culturali, incaricata dal Ministro stesso fino alla durata del mandato ministeriale, con uno stipendio annuo di 35 mila euro. Trovo francamente che questo rappresenti l’allargamento e una nuova dimostrazione del « sistema Protezione civile », che evidentemente è un sistema di Governo (di questo Governo), e che evidentemente viene seguito anche dagli stessi ministri, ai quali forse interessa molto poco (comunque meno) quella che sarà la sorte dei 50 dipendenti di questo ente, che non fruiva di finanziamento pubblico e che improvvisamente si trova ora sottomesso alla gestione di un Ministro che potrà determinare l’amministrazione e l’utilizzo di queste somme. Effettivamente questo era l’obiettivo finale: appropriarsi di quel « gruzzoletto » ed estendere il « sistema Protezione civile » ben noto a tutti, con incarichi dati a figli di generali, di magistrati della Corte dei conti, proprio di coloro che magari poi devono giudicare del tuo operato

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