giovedì, novembre 25, 2010

L’IRRIMEDIABILE SCEMPIO DI POMPEI E L’INCAPACITA’ POLITICA DEL MINISTRO BONDI NELLA GESTIONE DEL MiBAC


Il fallimento dei Commissariamenti e dei City Manager

Con il crollo della Schola Armaturarum, si è compito il disastro annunciato, l’ultimo in ordine di tempo, dal momento che pochi giorni prima era già franato un muro trascinando con se un’ingente massa di materiale vulcanico nella Casa dei Casti Amanti, ciò pone con urgenza il problema della sicurezza negli scavi di Pompei e la gestione della Soprintendenza Archeologica di Napoli e Pompei.
Il crollo rappresenta la cruda realtà a cui non è più possibile nascondere la mala gestione del sito archeologico più amato nel mondo. L’azione che si sta dispiegando con tutta la sua minaccia è partita da lontano, con l’introduzione dei city-manager ad opera dei diversi Governi, fino ad arrivare all’ultima situazione che ha introdotto, quella dei Commissariamenti ad opera della Protezione Civile.
Tutte queste trovate, sfoderate dai vari Governi di turno, sono state esercitate come pretesto per risaltare l’immagine del Governo e risolvere le cosiddette emergenze delle più importanti Soprintendenze. Le pressioni esercitate dal Governo sui grandi “giacimenti culturali” di fatto hanno indebolito le Soprintendenze, le quali pur rivestendo un importante ruolo di tutela del territorio dagli assalti edilizi, delle mafie locali, e dalla ingerenze politiche, che purtroppo le pongono debolmente, facendole versare in una grave crisi perenne, che rasenta quasi la paralisi delle stesse.
La cattiva politica di questo Governo tesa a privatizzare la Pubblica Amministrazione e a bloccare di fatto il turn-over con il ricorso all’affidamento dei lavori e servizi direttamente ai privati. Si è così assistito all’impoverimento degli uffici ed alla trasformazione del lavoro, che purtroppo ha fatto emergere il cronico stato di incuria e la mancata manutenzione ordinaria. Così facendo intere maestranze di operai (muratori, idraulici, falegnami, imbianchini, fabbri) sono state annullate attraverso un vergognoso programma di riqualificazione ministeriale che, invece di trasformare i ruoli degli operai generici in specializzati, cosa che avrebbe dato dignità ai lavoratori restituendogli la giusta identità, paradossalmente, li ha assegnati a compiti ed attribuzioni di assistenti tecnici, privandoli di fatto del loro ex bagaglio culturale e professionale.
Pertanto, anche il Commissariamento per mano della Protezione Civile si è rivelato del tutto fallimentare, in quanto si è servito dei mezzi di propaganda dei mass-media, che attraverso spot opportunamente studiati ad hoc, hanno fornito all’opinione pubblica una distorta visione della realtà.
Per questo per la Confsal-Unsa Beni Culturali ribadisce che occorre avere una visuale politica più ampia, che possa sfociare nell’ambito sindacale con una mobilitazione a riguardo e aprire nel contempo una vertenza nazionale di ampio respiro, che faccia emergere tutte le problematiche delle Soprintendenze d’Italia.
Detta vertenza strategicamente organizzata dovrà portare ad una rivendicazione unitaria, superando anche le divergenze dei diversi soggetti politici e sindacali, al fine di poter elaborare un programma comune che contempli i seguenti punti:
Ristrutturare gli uffici delle Soprintendenze e predisporre un piano di riorganizzazione delle risorse umane;
Ricostituire le squadre di operai attraverso un periodo di formazione al fine di specializzarli nelle varie qualità: muratori, idraulici, restauratori, falegnami, ecc;
Intensificare la vigilanza con un adeguato turn-over e integrare i profili con nuove assunzioni di giovani disoccupati ed inoccupati.
Occorre, che il responsabile del dicastero faccia pervenire più fondi per la cultura, in quanto è impensabile che al Ministero siano destinati solo lo 0,22 per cento del bilancio statale, meno di ogni Stato europeo. In media gli altri sono allo 0,35 e qualcuno arriva all’1 per cento.
In finanziaria c’è stato un taglio di 1,7 miliardi di euro alla cultura. Un colpo mortale.
Tutta la nostra manovra economica contiene tagli per 24 miliardi di euro, la Germania ha tagliato ben 80 miliardi ma ne ha investiti 15 in cultura. In Italia invece per i beni culturali i fondi sono tagliati e continueranno ad essere tagliati.
Pompei ci insegna che abbiamo un patrimonio troppo importante da salvaguardare a fronte di una realtà di bilancio molto difficile e che continuerà ad esserlo anche per scelte nefaste del Governo attuale.
E’ necessario perciò cambiare radicalmente il modo di gestire i beni culturali in Italia, occorre un assunzione di responsabilità a vari livelli che sappia individuare le priorità che emergono con forza dopo l’ennesimo scempio che si è compiuto a Pompei.

RIFLESSIONI E PROSPETTIVE FUTURE SUL SINDACATO


Lo scenario politico, finanziario ed economico del Paese e talmente in profonda mutazione che appare difficile prevederne gli esiti. Una cosa appare certa: il 2011 continuerà ad essere un anno preoccupante per la pesante crisi economica ancora in atto nel paese.
Le dimensioni indefinibili della crisi finanziaria, priva di confini e limiti per le caratteristiche mondiali che la governano, ha scompaginato i punti di riferimento tradizionali sui quali poggiava la politica sociale ed economica del paese.
I due grandi poli partitici trovano grandi difficoltà a raccordarsi al loro interno per il fatto di non riconoscersi in sintonia su alcune tematiche che traggono origine da organizzazioni con culture diverse.
Se perde compattezza l'opposizione perché, ad esempio, nel Partito Democratico con le diverse culture sociali e politiche presenta problemi di convivenza, con la compagine politica le cui componenti spingono ulteriormente per l’individuazione di una nuova leadership, mentre l’altra parte degli oppositori inviano segnali di attenzione per la costituzione del cosiddetto centro, cosi da rendere ipotizzabile un terzo polo politico. In questo gioco delle parti, di antica lettura nella storia politica del nostro paese, si rende difficile il ruolo del sindacato che potrebbe vedere compromessa l'unità per i diversi radicalismi che si potrebbero accentuare.
" sindacato tende a perdere l'antica sua identità perche avverte l'insufficienza a riempire le esigenze della società che cambia per cui si diffonde nelle varie organizzazioni la ricerca di nuovi spazi organizzando, come ad esempio la Cisl, specifici forum di intese con associazioni religiose o di credi socio-ideologici volti a coinvolgere interessi più diffusi e coinvolgenti.
A fronte di un possibile ridimensionato del ruolo del sindacato, di una conseguente ricaduta dell'acquisizione di ritenute di iscrizioni sindacali e di una "razionalizzazione" delle liberta sindacali, si impone una seria riflessione sulla ricerca di finanziamenti alternativi o integrativi attraverso lo sviluppo di servizi di assistenza sociale.
I governi della nuova società hanno perso di vista "la persona" che non e più al centro delle regole associative ed in questa marasma il sindacato cerca una sua identità difficile da individuare. E' impossibile reclamare nuove risorse economiche per riaprire i contratti di lavoro bloccati fino al 2013 per volere governativo, quando nel contempo masse di lavoratori perdono l'occupazione; oppure conciliare la sussidiarietà con le rivendicazioni specifiche.
II decentramento, meglio conosciuto come federalismo, modifica le strutture delle Stato e la solidarietà fra enti territoriali non si realizza con un atto unico centralizzato, perche diventa una mutualità che cerca a Livello locale la sussidiarietà;
Se il federalismo svuota di contenuto il centro decisionale di Roma per aumentare l'operatività decisionale della periferia, proprio per essere più vicino ai problemi dei cittadini, anche il sindacato dovrà diversamente caratterizzare la propria organizzazione strutturale dando più spazio alla periferia e riducendo quella centrale;
le diversità cl1e oggi sotto vari aspetti ancora esistono, in particolare nel sindacalismo autonomo, devono essere meglio disciplinate ed orientate per poter interpretare più incisivamente le aspettative e le esigenze dei lavoratori;
I'evasione e I'elusione fiscale, il lavoro sommerso e minorile sono un male endemico che deve essere comunque eliminato, o quanto meno ridotto, perché le risorse sottratte alla collettività costituiscono un reato sociale e morale che non può essere più consentito in una fase di grande crisi economica e sofferenza sociale;
il conseguimento di un quadro sindacale semplificato e un obiettivo da conseguire perché non e più tollerabile persistere in stagioni contrattuali lunghe, tardive e disarmoniche.
A cura di Stefano Innocentini

DISASTRO! PROVO DISGUSTO E GRIDO:‘‘VERGOGNA! ’’


Ieri, 7 novembre 2010 ero in Pompei dove ho parlato al ministro Bondi di 4 case che ritengo pericolanti. L’ho dichiarato a tutti i giornalisti presenti. Esse sono a mio giudizio di archeologa: La Casa delle Nozze d’argento; La Casa del Labirinto; La Casa del Moralista; La casa di Iulia Felix.
Sono anni che, in qualità di studente di archeologia, poi di archeologa, mi occupo gratuitamente, e sottolineo gratuitamente, di Pompei. Mi hanno sempre indicata come un personaggio scomodo. Note sono le mie rimostranze nelle interminabili (interminabili per i miei detrattori) giornate che passo sugli Scavi ispezionandone ogni angolo. In effetti, ho sempre censurato lassismo ed incompetenze nelle mie relazioni scritte ed orali. Ma me ne infischio e proseguo per la mia strada urlando la verità che scaturisce dal rispetto che ho per questa antica città Patrimonio dell’Umanità. Ed ora questo ennesimo scandalo. Il crollo della Shola Armaturarum, avvenuto presumibilmente intorno alle ore 6 del 6 novembre. La zona ora appare transennata ed è stato istituito un percorso turistico alternativo per raggiungere Porta Anfiteatro. Sulle cause del cedimento strutturale vi sono accertamenti in corso. La Domus viene denominata Schola Armatorum, in quanto in essa si svolgevano gli allenamenti dei gladiatori dei quali all’interno erano conservate le armature. Una prima ipotesi sulle cause del crollo riguarderebbe possibili infiltrazioni d’acqua, dovute alle piogge che hanno imperversato in questi giorni sulla città e alla vicinanza della Domus a un terrapieno. Il crollo ha interessato le murature verticali della Schola che erano state ricostruite negli anni Cinquanta ed ora risultano completamente distrutte.
Probabilmente saranno salvati, invece, gli affreschi che occupavano la parte più bassa della casa per un'altezza di circa m.1,50. Il danno all’ immagine dell’Italia all’estero é incalcolabile perché il Paese si conferma terra d’ignoranza, di scandali e di prostitute. A gennaio c'era stato un crollo nella casa dei Casti Amanti, poi i danni al Termopolio e a fine settembre un altro incidente nella casa di Giulio Polibio. Mi unisco al grido di vergogna del Presidente Napolitano che ha usato parole molto dure.
“Quello che è accaduto dobbiamo, tutti, sentirlo come una vergogna per l’Italia e chi deve dare delle spiegazioni non si sottragga al dovere di darle al più presto e senza ipocrisie”. a Schola Armaturarum non era rientrata negli ultimi piani di restauro che sono costati ben 79 milioni di euro in due anni di cui il 90% sarebbe stato speso per la tutela e la messa in sicurezza della città antica. Un secondo stanziamento di 39 milioni comprenderebbe i restauri di Villa dei Misteri, la Fullonica, la casa dell'Efebo, di Loreio Tiburtino, del Criptoportico, di Venere in conchiglia, di Giulia Felice, l'antica spiaggia di Ercolano e la Villa di Poppea ad Oplontis. Due milioni di euro sono stati riservati alla manutenzione ordinaria dei siti. Tra gli ultimi restauri, quello della Casa di Giulio Polibio e quella della Domus dei Casti Amanti, riportata alla luce nel 1987, proprio lei, la mia Amanta, alla quale ho dedicato due lunghi Capitoli nel mio Saggio d’archeologia Templa. La Casa é stata fortemente danneggiata nel gennaio 2010, dicono per uno smottamento. Altre case recentemente restaurate e aperte al pubblico sono quella di Obellio Firmo, la casa di Marco Lucrezio Frontone, la casa di Sallustio, la casa dell'Ara Massima e la casa degli Amorini dorati, la casa di Casca Longus, la casa dei Quattro stili, che riassume attraverso i suoi affreschi i quattro stili della pittura pompeiana, il Thermopolium di Lucius Vetutius Placidus e la casa del Menandro.
Per tutte le questioni relative a interviste, diritti, opzioni e altro, contattate la Segreteria di Rita Bellacosa al seguente indirizzo: segreteria.ritabellacosa@gmail.com
Tutti i diritti riservati.
Rita Bellacosa

POMPEI: PALESTRA DEI GLADIATORI .E LUPANARI!


RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

In questi giorni c’è un gran parlare del crollo della palestra dei gladiatori a Pompei. Anzi, è diventato un caso nazionale a tal punto da trasformarsi nell’ultima tegola, forse fatale sul governo Berlusconi. Eh già, poiché raramente si sono chieste le dimissioni di un ministro dei Beni Culturali per dei crolli riguardanti il nostro patrimonio artistico. Intendiamoci: il fatto in sé è a dir poco grave e indice comunque di una situazione ormai collassata da decenni di abbandono e di politiche puramente speculative. Se questo ministro Bondi ha delle responsabilità (e non solo sull’ultimo episodio di Pompei) è giusto che se ne vada senza tanti complimenti. Ma quale tipo di responsabilità può avere un ministro in questo contesto? Perché in tutto questo gran vociare contro Bondi, nessuno si è mai posto anche le responsabilità dei soprintendenti e city-manager che da dieci anni si sono succeduti? Possibile che nessuno si è posto la domanda dell’operato e delle responsabilità scientifiche e gestionali della soprintendenza di Pompei, dove hanno operato per dieci anni soprintendenti e city - manager? Nessuno ricorda quando l’ex soprintendente Guzzo tuonava a mezzo stampa che i mali di quel sito non erano i malaffari bensì il personale di custodia che andava privatizzato al più presto? Perchè, tranne qualche sindacalista isolato, nessuno di questi moralisti odierni gridò allo scandalo, chiedendo l’immediata rimozione di Guzzo, quando si scoprì che la sua consorte faceva parte del Consiglio di Amministrazione “Electra”, società appaltatrice in quel di Pompei e di Roma, con delle pendenze giudiziarie riguardanti degli insediamenti abusivi in loco, a tal punto che l’allora deputato Alfano chiese l’intervento degli ispettori? Nessuno si è mai posto le conseguenze disastrose della triste gestione soprintendente-city-manager, vero colpo di grazia ai decennali problemi di Pompei, con un tale spreco di denaro e di progressivo degrado, a tal punto da doverla commissariare? E se da Pompei passiamo alla soprintendenza archeologica di Roma, constatiamo che sempre nell’ultimo decennio alla Domus Aurea vi sono stati ben quattro crolli (due volte riguardanti le strutture del sito e due volte a degli alberi secolari del giardino) e sempre per puro miracolo non si sono lamentate vittime tra il pubblico e il personale A.S.V.
Anzi, il soprintendente di allora, La Regina e l’ex ministro Melandri, succeduta a Veltroni, tutti e tre targati P.D. minimizzarono dichiarando al mondo intero che si era trattato solo di un “lievissimo” cedimento ( sic! ). L’ultimo crollo avvenuto il Marzo scorso ha evidenziato come possono essere “lievissimi” certi crolli (!) Idem al Palatino dove qualche anno fa crollò un muro adiacente al percorso al pubblico e sempre per miracolo non ci fu una strage. Morale della favola? Nessuno ha pagato per le loro responsabilità: soprintendenti, direttori tecnico-scientifici, responsabili per la sicurezza e tutti coloro che ruotano (pagati profumatamente, s’intende!) a quella grande greppia che và sotto il nome di “opere di restauro, manutenzione e valorizzazione dei Beni Culturali”. Non saremo certo noi a difendere un Bondi, né sotto il profilo politico e/o amministrativo ma che da certi pulpiti politici, in particolar modo di sinistra si levino degli strali ipocritamente moralisti, proprio dalle figure di un Veltroni e della Melandri, beh… questo è troppo!
La verità è che il crollo di Pompei è la conseguenza ultra decennale di politiche affaristiche operate sia da destra che da sinistra, tali da ridurre alcune soprintendenze a dei lupanari, se vogliamo usare un termine ad hoc, con buona pace per una sincera e reale politica di risanamento del nostro patrimonio artistico e di valorizzazione di tutto il personale ivi operante. Ma questa è un’altra storia…
Enzo Lepone

mercoledì, novembre 10, 2010

COMUNICATO STAMPAGIUSEPPE URBINO(SEGR. NAZIONALE CONFSAL-UNSA BENI CULTURALI) SU POMPEI:

" BONDI HA DISTRUTTO LA CULTURA ITALIANA.

OPPOSIZIONE CON FUTURO E LIBERTA' LO MANDINO A CASA".

 

"Come diceva il buon Totò, esistono varie categorie di uomini e Bondi fa parte degli "ominicchi" che non ha nemmeno il coraggio di prendersi le proprie responsabilità e togliere il disturbo dopo quanto accaduto a Pompei – afferma Giuseppe Urbino, Segretario Nazionale della Confsal-Unsa Beni Culturali – perché in tutto questo tempo si è trattato di un vero e proprio disturbo consumato in quel del Collegio Romano alla guida del Dicastero della Cultura.  La cultura che ha distrutto completamente, a cui ha permesso di dimezzare le risorse economiche e il crollo di Pompei, sono la fotografia dell'incompetenza del nostro Ministro della cultura.

 

Ora l'occasione ghiotta per mandarlo a casa c'è – prosegue il sindacalista della Confsal-Unsa ed è la mozione di sfiducia del Partito Democratico che in coerenza con le dichiarazioni di questi giorni non potrà non  essere votata anche dai deputati di Futuro e Libertà.

 

Per i parlamentari di Fini, votando la sfiducia a Bondi – conclude Urbino – sarebbe la dimostrazione che finalmente si vuole voltare pagina in questo Paese aldilà dei soliti proclami senza fatti concreti".

 

 Roma, 10 NOVEMBRE 2010

Tel. 06 67232348 -2889

COMUNICATO STAMPA

BONDI E L' ARTE DI ARRAMPICARSI SUGLI SPECCHI

 

"Le esternazioni del Ministro Bondi durante la trasmissione televisiva Ballarò del 9 novembre 2010, riguardo alle proprie responsabilità sul crollo della Schola Armaturarum Juventis Pompeiani, ci lasciano quantomeno sbigottiti". Lo afferma il Segretario Nazionale CONF.SAL-UNSA Beni Culturali Giuseppe Urbino, che prosegue: "abbiamo assistito ad una penosa arrampicata sugli specchi che non fa onore al ruolo istituzionale che il suddetto ricopre. Tra le esternazioni del Ministro, molte delle quali veramente infelici, abbiamo anche il non tanto velato attacco alla Soprintendenza. Forse Bondi si dimentica che quella Soprintendenza l' ha commissariata due anni fa e di conseguenza non ha più autonomia. Inoltre, visto che al Ministro piace molto la figura del Manager e la invoca in ogni dove, oltre al dubbio legittimo che questa sia la soluzione ottimale, gli ricordiamo che un commissario è già un super manager".

Peraltro, visto che appena insediatosi, oltre due anni fa, ha subito attuato l' ennesima riforma del Ministero, ci domandiamo, a cosa sia servita, visto che al momento, l' unico risultato è stato quello di assegnare poltrone ad alti burocrati dello Stato lautamente pagati con i soldi dei cittadini.

"Il vero problema", conclude il sindacalista, "è che all' attuale Governo non interessa la cultura, basti pensare a quanto dichiarato dal Ministro Tremonti o dal governatore del Veneto Luca Zaia. A questo punto la tanto invocata onestà intellettuale e politica il Ministro Bondi dovrebbe applicarla su sé stesso senza attendere oltre e dimettendosi quanto prima".

 

Roma, 10 NOVEMBRE 2010

Tel. 06 67232348 -2889

lunedì, novembre 08, 2010

COMUNICATO STAMPA GIUSEPPE URBINO(SEGR. NAZIONALE CONFSAL-UNSA BENI CULTURALI) SU POMPEI:

 " BONDI PASSI LA MANO.

 SMETTA DI DISTRUGGERE LA CULTURA ITALIANA".

 

 

"Una volta tanto smetta di fare il poeta e diventi un signore – dice Giuseppe Urbino, Segretario Nazionale della Confsal-Unsa Beni Culturali del Ministro della cultura, Sandro Bondi – prima di essere sfiduciato e dopo il severo monito del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha gridato alla vergogna, lo "yes man" del Premier Berlusconi, prenda coraggio e passi la mano, un gesto che gli farebbe guadagnare finalmente qualche punticino visto che fino ad oggi ha gestito i beni culturali provocando solo grandi danni alla cultura del nostro Paese.

 

Su Pompei – prosegue  il sindacalista – la politica di Bondi, se così si può chiamare, è stata solo quella di produrre una serie di commissariamenti che non hanno portato a nulla se non ad una serie di inadempienze e sperpero di danaro pubblico e con le conseguenze che sono poi la storia di oggi: crolli e degrado continuo in uno dei siti archeologici che il mondo ci invidia.

 

Bondi – conclude Urbino – ha toccato il fondo, è arrivato al capolinea, la sua "non politica", succube dei dicktat di alcuni dei suoi diretti collaboratori, ha regalato al Paese una riforma del Ministero atta solo ad occupare le poltrone e non a portare avanti progetti concreti per il rilancio della cultura italiana.

La nomina per esempio del Direttore Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale, Mario Resca, un fallimento su tutti i fronti, dov'è la valorizzazione? Questa nomina tanto cara a Silvio Berlsuconi ha giovato soltanto a Resca che ha ottenuto il commissariamento di Brera a suon di soldoni. E a proposito di Resca, si attendono ancora le sue dimissioni dai tanti incarichi che  sono in grave contrasto con la sua carica, è ancora nel Cda di Mondadori Electa e nel frattempo continua a gestire le gare per l'affidamento dei servizi aggiuntivi del Mibac. Ma è questa l'azione di governo per risollevare l'Italia che dai Beni Culturali potrebbe trarre un grande vantaggio?

Bondi, passa la mano che è meglio".

 

Roma, 8 NOVEMBRE 2010

Tel. 06 67232348 -2889

giovedì, novembre 04, 2010

GRAVI RESPONSABILITA' PER L'ENORME RITARDO NEI PROCESSI DI RIQUALIFICAZIONE

GRAVI RESPONSABILITA' PER L'ENORME RITARDO NEI

PROCESSI DI RIQUALIFICAZIONE

 

 

Continuare il dibattito sui processi di riqualificazione ci sembra più che legittimo, dal momento che ci troviamo a dover dare risposte concrete a quanti, coinvolti nella promozione della propria vita lavorativa, attendono ancora con ansia la relativa progressione economica. Per questo ci siamo impegnati a diffidare e mettere in mora l'Amministrazione affinché, completi le procedure di riqualificazione, non solo all'interno delle Aree, ma anche nei passaggi tra le Aree, così come ambìto dalla pluralità dei destinatari aventi diritto.

Infatti, la nostra Organizzazione Sindacale, sempre presente al tavolo di contrattazione nazionale, pur essendo firmataria della maggior parte degli accordi sottoscritti ha evidenziato l'emergere di "elementi di non chiarezza e non trasparenza" in relazione agli inquadramenti del personale dell'area B in ambito delle procedure di riqualificazione e nel non ancora ultimato processo di riqualificazione tra le aree.

Benché l'Amministrazione sia di parere opposto, riteniamo che non si sia proceduto celermente nello scorrimento delle graduatorie, provvedendo di fatto alla sostituzione dei rinunciatari, come del resto previsto dall'accordo Amministrazione/OO.SS. dell' 08 febbraio 2006.

Troppo tempo si è impiegato per individuare i posti aggiuntivi rispetto a quelli stabiliti con i bandi iniziali, da destinare agli idonei dei processi di riqualificazione all'interno delle Aree a copertura di complessivi 8736 posti, mentre le nuove normative si sovrapponevano e rappresentavano un grosso macigno destinato a limitare gli organici del MiBAC, per effetto dei tagli indiscriminati operati dai Governi che si sono succeduti.

Se a questo quadro vi assommiamo l'accordo intervenuto tra l'Amministrazione e le OO.SS. sottoscritto in data 17 settembre 2008, è emerso che le ulteriori disponibilità verificatesi con il riferimento alle dotazioni organiche previste dal DPR 233/2007, sono stati  appena 162 posti per i passaggi dalla posizione economica B1 alla posizione economica B3, e  231 per i passaggi dalla posizione economica B1 alla posizione economica B2, che pur essendo stati distribuiti

 

equamente tra le regioni e le professionalità individuate nell'ambito dello stesso accordo, tuttavia non hanno consentito di soddisfare a pieno le necessità dell'Amministrazione.

Successivamente, con l'accordo tra Amministrazione/OO.SS. sottoscritto in data 18 febbraio 2009, è stato stabilito lo scorrimento delle graduatorie a copertura delle cessazioni di personale verificatasi a qualunque titolo per i passaggi dalla posizione economica B1 alle posizioni economiche B3 e B2.

Anche se si è provveduto a coprire le cessazioni di personale di area B, con i decreti del 2009 e 2010 sono stati nominati per la nomina in ruolo 949 idonei mentre sono ancora in corso di perfezionamento i provvedimenti con i quali verranno assunti ulteriori 73 idonei da B1 a B3 e 28 idonei da B1 a B2 al fine di ricoprire le posizioni nel mentre resesi vacanti.

Inoltre, a seguito del successivo accordo tra Amministrazione/OO.SS. sottoscritto in data 30 settembre 2009 sono stati pubblicati i DD.DD. 16 e 24 settembre 2009 relativi all'approvazione delle graduatorie dell'area della vigilanza, parzialmente modificate a seguito del ricalcolo dell'anzianità di servizio degli "ex Trimestrali", con contestuale nomina di 98 unità "ex trimestrali" nei profili di assistente alla vigilanza, sicurezza, accoglienza, comunicazione, servizio al pubblico, operatore alla vigilanza ed all'accoglienza che di fatto, sono andati ad incidere sulle cessazioni dell'area della vigilanza intervenute al 31 luglio 2010.

Inoltre, a fronte di una nostra richiesta di depennamento dalle graduatorie del personale cessato a qualsiasi titolo e di contestuale aggiornamento delle  stesse, l'Amministrazione ha comunicato che relativamente all'incongruenza segnalata in merito alle graduatorie dell'ex Area B, non è possibile depennare nessun candidato collocatosi in pozione utile nelle graduatorie, salvo che non emerga che non era in possesso dei requisiti al momento dell'approvazione della graduatoria, anche se su questo argomento l'Amministrazione assicura che nel momento in cui si procederà allo scorrimento non verranno prese in considerazione quei candidati che risulteranno ormai cessati.

Parallelamente, l'Amministrazione si trova comunque impantanata nell'attuazione della riqualificazione dall'ex Area B all'ex Area C, la coesistenza di più ricorsi giurisdizionali ha inevitabilmente ritardato le procedure con il risultato che ancora nulla è stato definito da parte del TAR Lazio e che per poter concludere entro il 31 dicembre gli esami e gli inquadramenti di tutti coloro che aspirano a tale passaggio, si dovrebbe fare un immane sforzo organizzativo, caso contrario purtroppo, ci troveremmo di fronte ad una problematica al quanto grave considerato il dettame della Riforma Brunetta e "la legge finanziaria n.  122 di conversione del d.l.78" che all'art 9 prevede:

CAPO III -

CONTENIMENTO DELLE SPESE IN MATERIA DI IMPIEGO PUBBLICO, INVALIDITÀ E PREVIDENZA

Art. 9. Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico

Per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate, maternità, malattia, missioni svolte all'estero, effettiva presenza in servizio, fatto salvo quanto previsto dal comma 17, secondo periodo, e dall'articolo 8, comma 14.

 

Di chi la responsabilità dell'enorme ritardo di una "storia infinita di una disastrata riqualificazione"?

Se non dell'incapacità dei sindacati di settore che pur di litigare su tutto hanno perso di vista i veri interessi dei lavoratori che nonostante quanto sancito nei contratti da loro stessi sottoscritti, hanno consentito ancora una volta, l'inapplicazione di norme nei termini previsti, con relativo aggravio sulle condizioni economiche dei lavoratori.

Per molto tempo abbiamo cercato di rappresentare il disagio dei lavoratori in merito al " diritto di riqualificazione" ma come sempre, alle nostre richieste CGIL, CISL e UIL hanno preferito la litigiosità del tavolo e purtroppo ciò ha dato adito all'Amministrazione di rallentare nel corso degli anni l'attuazione dei processi di formazione e riqualificazione.

Ogni volta che abbiamo lanciato un grido di allarme, contro la Confsal-Unsa Beni Culturali si è proceduto con il tentativo di delegittimazione, minandone l'immagine e la correttezza del suo operato, così come per lungo tempo abbiamo notato i notevoli sforzi profusi delle altre OO.SS. Confederali e no, nel vano tentativo di osteggiare l'operato della Confsal-Unsa Beni Culturali, in quanto pur non avendo altro materiale per screditarci hanno usato qualsiasi mezzo, ivi compreso l'invio "ad personam" di messaggi per far apparire la nostra Organizzazione Sindacale meno propositiva nell'ambito delle relazioni pubbliche e non in grado di saper gestire le politiche sindacali.

Ma di questo, com' è ormai noto, non siamo secondi a nessuno, lo dimostra quotidianamente l'impegno con cui svolgiamo con serietà, lealtà ed onestà il nostro lavoro.

Riusciamo a fornire costantemente l'informativa a quanti ci tengono ad essere tempestivamente informati, produciamo in proprio comunicati in tempo reale, nonché un notevole flusso documentale mediante i nostri bollettini e tribune sindacali, ivi compreso il notiziario mensile e le moltissime e-mail mirate alle novità del giorno.

Il nostro lavoro non può che dare fastidio, infatti i nostri avversari vorrebbero un altro modello di "sindacato autonomo", magari più impreparato e meno efficiente e perché no più docile e soprattutto immobile, così potrebbero continuare a fare il bello e il cattivo tempo, così come da anni hanno sempre fatto.

Ad ogni modo, continuare ad occuparci di costoro è solo tempo sprecato, piuttosto pensiamo ai nostri compiti, e su questo tema debbo compiacermi per l'ottimo lavoro fin qui svolto dal Coordinamento Nazionale e dalle Strutture periferiche che hanno determinato una puntuale e capillare informazione diffusa sia per il tramite della nostra mailing list che con il nostro sito sempre aggiornato.

Questo è quello che conta! altro che chiacchiere! E lo dimostrano le tante nuove adesioni alla nostra Organizzazione Sindacale, alla faccia dei "pachidermi jurassici" dei sindacati confederali, che altro non sono che burocrati sindacali slegati dalla realtà e completamente asserviti alla residuata ideologia partitica, oramai completamente obsoleta e del tutto fuori moda.

Di questo dobbiamo tener sempre conto ogni giorno che vediamo questi personaggi ed essere sempre guardinghi nei loro riguardi in quanto come si sa, si sono rilevati del tutto inaffidabili ed estremamente traditori.

Per quanto riguarda i prossimi impegni sia di carattere generale, che specificatamente sulla riqualificazione, ci toccherà di nuovo presenziare la ribalta sindacale e come sempre rimarcare le nostre posizioni in rappresentanza delle migliaia di lavoratori che ci chiedono con forza di difendere i loro interessi.

Un grazie per l'ottimo lavoro fatto che estendo ovviamente oltre che a tutti gli iscritti e simpatizzanti, anche a tutto lo "staff sindacale", che costantemente continuano a portare avanti il programma con spirito di abnegazione e del tutto controcorrente.

 

Bondi, nuove nomine al MiBAC

Il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Sandro Bondi, ha avviato le procedure di nomina per alcuni direttori generali centrali e periferici del Ministero.

In particolare il Ministro ha nominato:

Direttore Generale per le Antichità il dott. Luigi Malnati,
Direttore Generale per il Paesaggio, le Belle Arti, l’Architettura e l’Arte Contemporanee la dott.ssa Antonella Pasqua Recchia,
Direttore Regionale per i Beni Culturali dell’Abruzzo il dott. Fabrizio Magani,
Direttore Regionale per i Beni Culturali per la Puglia la dott.ssa Isabella Lapi
Direttore Regionale per i Beni Culturali del Friuli il dott. Giangiacomo Martines.

giovedì, ottobre 21, 2010

dal comunicato n. 47/10

ANCHE IL MiBAC DEVE GARANTIRE L’ ACCESSO AGLI ATTI AMMINISTRATIVI CHE E’ LA REGOLA E NON L’ECCEZIONE.

Il 3 settembre 2010, il Tar del Lazio, con sentenza n. 32103, si è pronunciato favorevolmente al ricorso presentato da una partecipante ad un concorso presso il MiBAC che, ritenendosi danneggiata dalla posizione in graduatoria, chiedeva di accedere agli elaborati ed ai curriculum degli altri concorrenti.
A seguito del silenzio-rigetto dell’ istanza, la suddetta si vedeva costretta a ricorrere al TAR del Lazio che,poi nella sentenza precisava ancora una volta innanzitutto che l’accesso agli atti amministrativi è la regola, mentre il diniego è l’ eccezione.
Fatte queste premesse, altra considerazione interessante è che: “L’ accesso può infatti essere escluso solo ed esclusivamente nei casi espressamente previsti dall’ art. 24 L. 241/1990, tra i quali non rientra quella in parola”.
“Pertanto l’accesso ai documenti prodotti dai candidati (ma anche ai verbali, alle schede di valutazione ed agli elaborati) non può essere rifiutato dall’amministrazione dato che:
Sempre in materia di accesso agli atti amministrativi, ed in relazione al diniego, abbiamo il conforto anche di una precedente sentenza, sempre del TAR del Lazio, del 12 novembre 2009 a seguito di ricorso avverso un provvedimento emesso dall’ INPS.
Tornando al nostro Ministero, ormai è palese che in materia di accesso agli atti amministrativi deve rassegnarsi a quanto ormai consolidato in giurisprudenza, specie per quanto riguarda il frequente diniego che oppone ai richiedenti ed inoltre perché il diritto di accesso alla documentazione amministrativa prevale sempre sul diritto alla riservatezza dei terzi.
Il MiBAC, se non vuole continuare a soccombere in giudizio farà quindi bene ad adeguarsi anche perché, come dimostra anche questa sentenza, “In relazione al comportamento del Ministero che, a quasi venti anni dall’emanazione della L. n.241/1990, ha costretto l’interessata ad adire la via giurisdizionale per ottenere un diritto pacifico ed il rimborso delle spese, secondo le regole generali. Infine è stato sentenziato che seguono la soccombenza riconosciuta in € 2.000,000 di cui € 500,00 per spese” ( e io pago…).
In conclusione, è’ ora di finirla con questo atteggiamento persistente da parte del MiBAC atto a negare l’ accesso agli atti amministrativi
Per completezza di informazione, si trascrive la sentenza in questione.

N. 32103/2010 REG.SEN.
N. 03367/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3367 del 2010, proposto da Giusy Ruiz, rappresentata e difesa dall'avv. Michele Damiani, con domicilio eletto presso Michele Damiani in Roma, via Mordini, 14;

contro

Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

D'Angeli Paolo, Di Ciommo Angela, Nicolazzo Vincenzo, Tarasco Antonio, Passarelli Paola, Muratori Giorgia, Tommasino Mario, Franzone Alessandra, Pasqualetti Giorgio, Compagnoni Benedetto Luigi, Parente Antonio, Piccioni Elisabetta;

per l'annullamento

DEL SILENZIO RIGETTO SULL’ISTANZA DEL 3.2.2010 DI ACCESSO AI DOCUMENTI EX ART. 25 L. N. 241/90.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2010 il Cons . Umberto Realfonzo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La ricorrente, che aveva partecipato al concorso pubblico per esami e titoli a cinque posti di dirigente amministrativo, indetta con decreto direttoriale del 1 marzo 2007, pur essendosi brillantemente collocata in graduatoria, non era risultata vincitrice del predetto concorso.
Con istanza notificata il 3 febbraio 2010 la ricorrente, motivata con esplicito riferimento all’esigenza di tutelare le proprie posizioni soggettive, ha in conseguenza richiesto l’accesso ai titoli di studio ed ai documenti comprovanti i titoli di preferenza dai concorrenti classificarsi fino all’undicesimo posto nella graduatoria del concorso.
Il ricorso, debitamente notificato a tutti i controinteressati, è affidato alla denuncia della violazione dell’art. 97 Cost. e degli art. 22 e ss. della 7.8.1990, n. 241: la conoscenza degli atti del concorso richiesti sarebbe stata indispensabile per garantire la tutela della sua posizione giuridica, dovendosi peraltro escludere al riguardo ogni profilo di riservatezza.
L’Amministrazione si è solo formalmente costituita in giudizio.
Chiamata alla Camera di Consiglio la causa, su richiesta del patrocinatore della ricorrente, è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato.
Come è noto, in base ai principi generali in materia, l'accesso agli atti amministrativi è la regola, mentre il diniego è l’eccezione.
L’accesso può infatti essere escluso solo ed esclusivamente nei casi espressamente previsti dall’art. 24 L. n. 241/1990, tra i quali non rientra quella in parola.
Pertanto l’accesso ai documenti prodotti dai candidati (ma anche ai verbali, alle schede di valutazione ed agli elaborati) non può essere rifiutato dall’amministrazione dato che:
-- il diritto di accesso alla documentazione amministrativa prevale sul diritto alla riservatezza dei terzi (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 12 novembre 2009, n. 11094);
-- deve essere esclusa in radice, rispetto a tali documenti, l'esigenza di riservatezza a tutela dei terzi, sia perché i concorrenti, prendendo parte alla selezione, hanno evidentemente acconsentito a misurarsi in una competizione nella quale la comparazione dei valori costituisce l'essenza; e sia perché tali atti, una volta acquisiti alla procedura, escono dalla sfera personale dei partecipanti (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 09 febbraio 2010, n. 726);
-- non vi è alcuna necessità di attendere la conclusione della medesima, in quanto non v’è necessità che la lesione si faccia concreta e quindi con essa l'interesse all'impugnazione diventi attuale, in quanto il candidato è comunque titolare di un interesse autonomo alla conoscenza dei predetti atti specie laddove l'interessato abbia chiesto copia di atti, quali curriculum, titoli, ecc. in relazione ai quali non vi è alcuna contrapposta esigenza di riservatezza (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3147; T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 25 novembre 2009, n. 3460);
In conclusione il ricorso è fondato e deve essere accolto e deve essere dichiarato il diritto della ricorrente all’accesso alla documentazione richiesta entro 15 giorni decorrenti dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notifica del presente decisione.
In relazione al comportamento del Ministero che, a quasi venti anni dall’emanazione della L. n.241/1990, ha costretto l’interessata ad adire la via giurisdizionale per ottenere un diritto pacifico le spese, secondo le regole generali. seguono la soccombenza e sono complessivamente liquidati in € 2.000,000 di cui € 500,00 per spese.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio– Sez.II^- quater:
1. Accoglie il ricorso avverso il silenzio-rifiuto, e per l’effetto dichiara l'obbligo del Ministero a provvedere sulla domanda di accesso della ricorrente nei tempi e nei modi di cui in motivazione;
2. Condanna la Regione al pagamento delle spese processuali che vengono complessivamente liquidate in € 2.000,00 di cui 500,00 per spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2010 con l'intervento dei Magistrati:
Lucia Tosti, Presidente
Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore
Alessandro Tomassetti, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/09/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

mercoledì, ottobre 20, 2010

COMUNICATO N 46/10

DA RIVEDERE I REQUISITI RICHIESTI NEI 'BANDI' DI SOLLECITAZIONE ALLA DOMANDA DI PARTECIPAZIONE ALLE PROCEDURE DI GARA PER I SERVIZI IN CONCESSIONE SCADUTI LO SCORSO 15 SETTEMBRE.

 

Richiesta da più parti l'annullamento in autotutela di tutti bandi

 

BOCCIATA LA GARA

PER I RISTORANTI NEI MUSEI ROMANI

 

Secondo i giudici amministrativi del Tar del Lazio le condizioni poste dal Bando di sollecitazione del Polo museale romano per i servizi di ristorazione non sono rispettose della concorrenza, perché hanno requisiti eccessivi!

La sentenza è dovuta in seguito al ricorso presentato da una società privata che non ha potuto partecipare perché nei requisiti richiesti per la selezione per l'affidamento dei servizi di ristorazione del Polo museale romano era eccessiva la condizione "di aver gestito tra punti di ristoro con il medesimo marchio per tre anni". 

I giudici hanno ricordato che i requisiti di partecipazione alle gare non devono essere illogici, arbitrari, inutili o superflui e devono essere rispettosi «del principio di proporzionalità, il quale esige che ogni requisito individuato sia al tempo stesso necessario e adeguato rispetto agli scopi perseguiti».

In altre parole, la Stazione appaltante deve porre attenzione a creare «le minori turbative per l'esercizio dell'attività economica» e il bando non deve costituire «una violazione sostanziale dei principi di libera concorrenza, par condicio, non discriminazione e trasparenza».

 

Sembrerà strano, ma pare che il Tar sia a conoscenza delle irragionevoli conformità richieste a quanto segnalato da questa Organizzazione Sindacale alle Stazioni appaltanti di Roma, Napoli e Firenze nello scorso mese di settembre (vedi ns. Comunicato Stampa del 23 settembre) dato che le suddette motivazioni esplicitano anche "un'irragionevole restrizione della concorrenza".

 

Riteniamo che il Ministero dovrebbe prendere atto della sentenza e, onde evitare ulteriori contenziosi con conseguenti riflessi sulle gare (la stessa questione è anche all'esame dell'Antitrust) annullare in autotutela i bandi per provvedere ad emendare il suddetto vizio (oltre a tutte le incongruenze riscontrate già segnalate).

 

Cordiali saluti

 

IL COORDINAMENTO NAZIONALE

CONFSAL-UNSA BENI CULTURALI

 

 

 

Per completezza di informazione, si trascrive la sentenza in questione.

 

N. 32717/2010 REG.SEN.

N. 07837/2010 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 60 e 74 cod. proc. amm.;

 

sul ricorso numero di registro generale 7837 del 2010, proposto da:

Soc Expo 2004 Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Monica Sardo, Sergio Caracciolo, con domicilio eletto presso Sergio Caracciolo in Roma, via Lazio,20/C;

 

contro

 

Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

per l'annullamento

 

dell'avviso del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il Polo museale della città di Roma, di sollecitazione alla domanda di partecipazione CIG 05019752DF, pubblicato in GURI, il 5° serie speciale, il 30 giugno 2010 e della documentazione ivi allegata;

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero Per i Beni e Le Attività Culturali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2010 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

 

Il Collegio, preliminarmente, ritiene che, sentite sul punto le parti costituite, il giudizio possa essere definito, in camera di consiglio, con sentenza in forma semplificata, in quanto sussistono i requisiti di cui all'art. 60 del d.lgs. 2 luglio 2010 , n. 104, essendo trascorsi almeno venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso; non ponendosi problemi di contraddittorio e risultando sufficienti gli elementi istruttori.

Il ricorso è diretto all'annullamento della "sollecitazione alla domanda di partecipazione"per l'affidamento in concessione per sei anni . dei servizi di caffetteria presso vari musei per un importo complessivo di € 6,199 mila ml.

 1. Preliminarmente deve essere esaminata l'eccezione preliminare d'inammissibilità, introdotta oralmente alla Camera di Consiglio, dalla Difesa Erariale, per cui la ricorrente difetterebbe di interesse all'impugnazione di un avviso per il quale non avrebbe fatto la domanda di partecipazione.

L'eccezione va respinta.

Deve, per contro, rilevarsi come quando la partecipazione alla procedura per l'aggiudicazione di un appalto è preclusa dallo stesso bando, sussiste l'interesse a gravare la relativa determinazione a prescindere dalla mancata presentazione della domanda.

In tali casi infatti, posto che la presentazione della stessa si risolve in un adempimento formale inevitabilmente seguito da un atto di esclusione, con un risultato analogo a quello di un'originaria preclusione e perciò privo di una effettiva utilità pratica (cfr. Consiglio Stato , sez. V, 02 agosto 2010, n. 5069) nei limiti della ragionevolezza e della proporzionalità,non vi sono dunque dubbi sulla piena ammissibilità del gravame.

 2. Nell'ordine di rilevanza devono essere esaminati il primo, il secondo ed il terzo motivo di gravame. Con il primo motivo la ricorrente lamenta l'illegittimità dell'accorpamento in un unico lotto della concessione.

Il primo motivo non convince.

In linea di principio, la scelta di comprendere, o meno, in un unico appalto ovvero in più lotti, un complesso di prestazioni da conferire mediante pubblica gara, attiene alla discrezionalità tecnica dell'amministrazione (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 20 marzo 2007, n. 1331).

Nel caso di specie, in relazione all'assoluta omogeneità dei servizi, la previsione dell'avviso impugnato appare dunque pienamente legittima.

 3. Con il secondo ed il terzo motivo si deduce l'illegittimità del requisito aggiuntivo relativo alla richiesta di aver gestito "tre punti di ristoro" con il medesimo marchio per tre anni (secondo profilo) inibendo così la possibilità di partecipare in Ati o utilizzando l'avvalimento.

Il motivo è fondato.

Al riguardo si deve ricordare come,ai sensi dell'art. 30 comma 3°, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163, nelle gare indette per la concessione di servizi la "…scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all'oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi."

In tale quadro dunque, ai fini della verifica dell'effettiva capacità tecnica, l'elenco esemplificativo di cui agli artt.41 e 42 di cui al d.lgs. n.163 non costituisce, per la stazione appaltante, un vincolo diretto.

Tuttavia in relazione al richiamo ai Principi del Trattato UE, le determinazioni in materia di requisiti soggettivi di partecipazione alle gare non devono essere illogiche, arbitrarie, inutili o superflue e devono essere rispettose del "principio di proporzionalità", il quale esige che ogni requisito individuato sia al tempo stesso necessario ed adeguato rispetto agli scopi perseguiti.

Il concreto esercizio del potere discrezionale deve dunque essere funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal pubblico incanto e deve rispettare i principi del Codice dei contratti.

Nella scelta dei requisiti di partecipazione, quindi, il ricordato principio di non discriminazione impone che la stazione appaltante deve ricorrere a quelli che comportino le minori turbative per l'esercizio dell'attività economica.

In definitiva l'intero impianto dell'avviso non deve costituire dunque una violazione sostanziale dei principi di libera concorrenza, par condicio, non discriminazione trasparenza di cui all'art. 2. primo comma del d.lgs. n.163/2006 e s.m. .

Nel caso in esame l'interesse dichiarato dall'Amministrazione, concernente la necessità di una "gestione unitaria" dei predetti servizi sui diversi poli museali, appare estraneo alla richiesta di esercizio precedente di tre punti ristoro "con il medesimo marchio".

L'utilizzo del medesimo marchio o brand avrebbe infatti potuto eventualmente costituire una "clausola negoziale" dell'avviso, vale a dire un'obbligazione contrattuale per il futuro aggiudicatario del contratto di concessione, ma non poteva integrare alcun particolare ulteriore requisito rispetto al fatturato di un operatore economico che operi (o ritenga preferibile operare per propria scelta aziendale) sul mercato con "brand" differenti.

L'imporre un unico marchio per le varie gestioni è una variabile del procedimento che comporta l'impossibilità assoluta di partecipare alla gara di soggetti che il cui fatturato pure corrisponderebbe ai limiti fissati.

In sostanza la clausola è illegittima perché costituisce un'irragionevole restrizione della concorrenza, senza che a ciò corrisponda ad alcun interesse per la Stazione appaltante.

In definitiva sul punto l'avviso impugnato sul punto è illegittimo e va annullato.

 4.  Nei predetti profili, nei quali restano assorbite le restanti censure il ricorso è dunque fondato.

Per l'effetto deve essere pronunciato l'annullamento dell'avviso impugnato.

Le spese, ai sensi dell'art. 26 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, seguono la soccombenza e sono liquidate in € 2.000,00 in favore della parte ricorrente.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater)

 

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

1. accoglie il ricorso di cui in epigrafe e per l'effetto annulla il provvedimento di cui in epigrafe.

2. Condanna l'Amministrazione al pagamento delle spese processuali in € 2.000,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2010 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Scafuri, Presidente

Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore

Stefania Santoleri, Consigliere

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/10/2010

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)