giovedì, ottobre 21, 2010

dal comunicato n. 47/10

ANCHE IL MiBAC DEVE GARANTIRE L’ ACCESSO AGLI ATTI AMMINISTRATIVI CHE E’ LA REGOLA E NON L’ECCEZIONE.

Il 3 settembre 2010, il Tar del Lazio, con sentenza n. 32103, si è pronunciato favorevolmente al ricorso presentato da una partecipante ad un concorso presso il MiBAC che, ritenendosi danneggiata dalla posizione in graduatoria, chiedeva di accedere agli elaborati ed ai curriculum degli altri concorrenti.
A seguito del silenzio-rigetto dell’ istanza, la suddetta si vedeva costretta a ricorrere al TAR del Lazio che,poi nella sentenza precisava ancora una volta innanzitutto che l’accesso agli atti amministrativi è la regola, mentre il diniego è l’ eccezione.
Fatte queste premesse, altra considerazione interessante è che: “L’ accesso può infatti essere escluso solo ed esclusivamente nei casi espressamente previsti dall’ art. 24 L. 241/1990, tra i quali non rientra quella in parola”.
“Pertanto l’accesso ai documenti prodotti dai candidati (ma anche ai verbali, alle schede di valutazione ed agli elaborati) non può essere rifiutato dall’amministrazione dato che:
Sempre in materia di accesso agli atti amministrativi, ed in relazione al diniego, abbiamo il conforto anche di una precedente sentenza, sempre del TAR del Lazio, del 12 novembre 2009 a seguito di ricorso avverso un provvedimento emesso dall’ INPS.
Tornando al nostro Ministero, ormai è palese che in materia di accesso agli atti amministrativi deve rassegnarsi a quanto ormai consolidato in giurisprudenza, specie per quanto riguarda il frequente diniego che oppone ai richiedenti ed inoltre perché il diritto di accesso alla documentazione amministrativa prevale sempre sul diritto alla riservatezza dei terzi.
Il MiBAC, se non vuole continuare a soccombere in giudizio farà quindi bene ad adeguarsi anche perché, come dimostra anche questa sentenza, “In relazione al comportamento del Ministero che, a quasi venti anni dall’emanazione della L. n.241/1990, ha costretto l’interessata ad adire la via giurisdizionale per ottenere un diritto pacifico ed il rimborso delle spese, secondo le regole generali. Infine è stato sentenziato che seguono la soccombenza riconosciuta in € 2.000,000 di cui € 500,00 per spese” ( e io pago…).
In conclusione, è’ ora di finirla con questo atteggiamento persistente da parte del MiBAC atto a negare l’ accesso agli atti amministrativi
Per completezza di informazione, si trascrive la sentenza in questione.

N. 32103/2010 REG.SEN.
N. 03367/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3367 del 2010, proposto da Giusy Ruiz, rappresentata e difesa dall'avv. Michele Damiani, con domicilio eletto presso Michele Damiani in Roma, via Mordini, 14;

contro

Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

D'Angeli Paolo, Di Ciommo Angela, Nicolazzo Vincenzo, Tarasco Antonio, Passarelli Paola, Muratori Giorgia, Tommasino Mario, Franzone Alessandra, Pasqualetti Giorgio, Compagnoni Benedetto Luigi, Parente Antonio, Piccioni Elisabetta;

per l'annullamento

DEL SILENZIO RIGETTO SULL’ISTANZA DEL 3.2.2010 DI ACCESSO AI DOCUMENTI EX ART. 25 L. N. 241/90.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2010 il Cons . Umberto Realfonzo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La ricorrente, che aveva partecipato al concorso pubblico per esami e titoli a cinque posti di dirigente amministrativo, indetta con decreto direttoriale del 1 marzo 2007, pur essendosi brillantemente collocata in graduatoria, non era risultata vincitrice del predetto concorso.
Con istanza notificata il 3 febbraio 2010 la ricorrente, motivata con esplicito riferimento all’esigenza di tutelare le proprie posizioni soggettive, ha in conseguenza richiesto l’accesso ai titoli di studio ed ai documenti comprovanti i titoli di preferenza dai concorrenti classificarsi fino all’undicesimo posto nella graduatoria del concorso.
Il ricorso, debitamente notificato a tutti i controinteressati, è affidato alla denuncia della violazione dell’art. 97 Cost. e degli art. 22 e ss. della 7.8.1990, n. 241: la conoscenza degli atti del concorso richiesti sarebbe stata indispensabile per garantire la tutela della sua posizione giuridica, dovendosi peraltro escludere al riguardo ogni profilo di riservatezza.
L’Amministrazione si è solo formalmente costituita in giudizio.
Chiamata alla Camera di Consiglio la causa, su richiesta del patrocinatore della ricorrente, è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato.
Come è noto, in base ai principi generali in materia, l'accesso agli atti amministrativi è la regola, mentre il diniego è l’eccezione.
L’accesso può infatti essere escluso solo ed esclusivamente nei casi espressamente previsti dall’art. 24 L. n. 241/1990, tra i quali non rientra quella in parola.
Pertanto l’accesso ai documenti prodotti dai candidati (ma anche ai verbali, alle schede di valutazione ed agli elaborati) non può essere rifiutato dall’amministrazione dato che:
-- il diritto di accesso alla documentazione amministrativa prevale sul diritto alla riservatezza dei terzi (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 12 novembre 2009, n. 11094);
-- deve essere esclusa in radice, rispetto a tali documenti, l'esigenza di riservatezza a tutela dei terzi, sia perché i concorrenti, prendendo parte alla selezione, hanno evidentemente acconsentito a misurarsi in una competizione nella quale la comparazione dei valori costituisce l'essenza; e sia perché tali atti, una volta acquisiti alla procedura, escono dalla sfera personale dei partecipanti (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 09 febbraio 2010, n. 726);
-- non vi è alcuna necessità di attendere la conclusione della medesima, in quanto non v’è necessità che la lesione si faccia concreta e quindi con essa l'interesse all'impugnazione diventi attuale, in quanto il candidato è comunque titolare di un interesse autonomo alla conoscenza dei predetti atti specie laddove l'interessato abbia chiesto copia di atti, quali curriculum, titoli, ecc. in relazione ai quali non vi è alcuna contrapposta esigenza di riservatezza (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3147; T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 25 novembre 2009, n. 3460);
In conclusione il ricorso è fondato e deve essere accolto e deve essere dichiarato il diritto della ricorrente all’accesso alla documentazione richiesta entro 15 giorni decorrenti dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notifica del presente decisione.
In relazione al comportamento del Ministero che, a quasi venti anni dall’emanazione della L. n.241/1990, ha costretto l’interessata ad adire la via giurisdizionale per ottenere un diritto pacifico le spese, secondo le regole generali. seguono la soccombenza e sono complessivamente liquidati in € 2.000,000 di cui € 500,00 per spese.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio– Sez.II^- quater:
1. Accoglie il ricorso avverso il silenzio-rifiuto, e per l’effetto dichiara l'obbligo del Ministero a provvedere sulla domanda di accesso della ricorrente nei tempi e nei modi di cui in motivazione;
2. Condanna la Regione al pagamento delle spese processuali che vengono complessivamente liquidate in € 2.000,00 di cui 500,00 per spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2010 con l'intervento dei Magistrati:
Lucia Tosti, Presidente
Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore
Alessandro Tomassetti, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/09/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

mercoledì, ottobre 20, 2010

COMUNICATO N 46/10

DA RIVEDERE I REQUISITI RICHIESTI NEI 'BANDI' DI SOLLECITAZIONE ALLA DOMANDA DI PARTECIPAZIONE ALLE PROCEDURE DI GARA PER I SERVIZI IN CONCESSIONE SCADUTI LO SCORSO 15 SETTEMBRE.

 

Richiesta da più parti l'annullamento in autotutela di tutti bandi

 

BOCCIATA LA GARA

PER I RISTORANTI NEI MUSEI ROMANI

 

Secondo i giudici amministrativi del Tar del Lazio le condizioni poste dal Bando di sollecitazione del Polo museale romano per i servizi di ristorazione non sono rispettose della concorrenza, perché hanno requisiti eccessivi!

La sentenza è dovuta in seguito al ricorso presentato da una società privata che non ha potuto partecipare perché nei requisiti richiesti per la selezione per l'affidamento dei servizi di ristorazione del Polo museale romano era eccessiva la condizione "di aver gestito tra punti di ristoro con il medesimo marchio per tre anni". 

I giudici hanno ricordato che i requisiti di partecipazione alle gare non devono essere illogici, arbitrari, inutili o superflui e devono essere rispettosi «del principio di proporzionalità, il quale esige che ogni requisito individuato sia al tempo stesso necessario e adeguato rispetto agli scopi perseguiti».

In altre parole, la Stazione appaltante deve porre attenzione a creare «le minori turbative per l'esercizio dell'attività economica» e il bando non deve costituire «una violazione sostanziale dei principi di libera concorrenza, par condicio, non discriminazione e trasparenza».

 

Sembrerà strano, ma pare che il Tar sia a conoscenza delle irragionevoli conformità richieste a quanto segnalato da questa Organizzazione Sindacale alle Stazioni appaltanti di Roma, Napoli e Firenze nello scorso mese di settembre (vedi ns. Comunicato Stampa del 23 settembre) dato che le suddette motivazioni esplicitano anche "un'irragionevole restrizione della concorrenza".

 

Riteniamo che il Ministero dovrebbe prendere atto della sentenza e, onde evitare ulteriori contenziosi con conseguenti riflessi sulle gare (la stessa questione è anche all'esame dell'Antitrust) annullare in autotutela i bandi per provvedere ad emendare il suddetto vizio (oltre a tutte le incongruenze riscontrate già segnalate).

 

Cordiali saluti

 

IL COORDINAMENTO NAZIONALE

CONFSAL-UNSA BENI CULTURALI

 

 

 

Per completezza di informazione, si trascrive la sentenza in questione.

 

N. 32717/2010 REG.SEN.

N. 07837/2010 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 60 e 74 cod. proc. amm.;

 

sul ricorso numero di registro generale 7837 del 2010, proposto da:

Soc Expo 2004 Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Monica Sardo, Sergio Caracciolo, con domicilio eletto presso Sergio Caracciolo in Roma, via Lazio,20/C;

 

contro

 

Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

per l'annullamento

 

dell'avviso del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il Polo museale della città di Roma, di sollecitazione alla domanda di partecipazione CIG 05019752DF, pubblicato in GURI, il 5° serie speciale, il 30 giugno 2010 e della documentazione ivi allegata;

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero Per i Beni e Le Attività Culturali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2010 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

 

Il Collegio, preliminarmente, ritiene che, sentite sul punto le parti costituite, il giudizio possa essere definito, in camera di consiglio, con sentenza in forma semplificata, in quanto sussistono i requisiti di cui all'art. 60 del d.lgs. 2 luglio 2010 , n. 104, essendo trascorsi almeno venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso; non ponendosi problemi di contraddittorio e risultando sufficienti gli elementi istruttori.

Il ricorso è diretto all'annullamento della "sollecitazione alla domanda di partecipazione"per l'affidamento in concessione per sei anni . dei servizi di caffetteria presso vari musei per un importo complessivo di € 6,199 mila ml.

 1. Preliminarmente deve essere esaminata l'eccezione preliminare d'inammissibilità, introdotta oralmente alla Camera di Consiglio, dalla Difesa Erariale, per cui la ricorrente difetterebbe di interesse all'impugnazione di un avviso per il quale non avrebbe fatto la domanda di partecipazione.

L'eccezione va respinta.

Deve, per contro, rilevarsi come quando la partecipazione alla procedura per l'aggiudicazione di un appalto è preclusa dallo stesso bando, sussiste l'interesse a gravare la relativa determinazione a prescindere dalla mancata presentazione della domanda.

In tali casi infatti, posto che la presentazione della stessa si risolve in un adempimento formale inevitabilmente seguito da un atto di esclusione, con un risultato analogo a quello di un'originaria preclusione e perciò privo di una effettiva utilità pratica (cfr. Consiglio Stato , sez. V, 02 agosto 2010, n. 5069) nei limiti della ragionevolezza e della proporzionalità,non vi sono dunque dubbi sulla piena ammissibilità del gravame.

 2. Nell'ordine di rilevanza devono essere esaminati il primo, il secondo ed il terzo motivo di gravame. Con il primo motivo la ricorrente lamenta l'illegittimità dell'accorpamento in un unico lotto della concessione.

Il primo motivo non convince.

In linea di principio, la scelta di comprendere, o meno, in un unico appalto ovvero in più lotti, un complesso di prestazioni da conferire mediante pubblica gara, attiene alla discrezionalità tecnica dell'amministrazione (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 20 marzo 2007, n. 1331).

Nel caso di specie, in relazione all'assoluta omogeneità dei servizi, la previsione dell'avviso impugnato appare dunque pienamente legittima.

 3. Con il secondo ed il terzo motivo si deduce l'illegittimità del requisito aggiuntivo relativo alla richiesta di aver gestito "tre punti di ristoro" con il medesimo marchio per tre anni (secondo profilo) inibendo così la possibilità di partecipare in Ati o utilizzando l'avvalimento.

Il motivo è fondato.

Al riguardo si deve ricordare come,ai sensi dell'art. 30 comma 3°, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163, nelle gare indette per la concessione di servizi la "…scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all'oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi."

In tale quadro dunque, ai fini della verifica dell'effettiva capacità tecnica, l'elenco esemplificativo di cui agli artt.41 e 42 di cui al d.lgs. n.163 non costituisce, per la stazione appaltante, un vincolo diretto.

Tuttavia in relazione al richiamo ai Principi del Trattato UE, le determinazioni in materia di requisiti soggettivi di partecipazione alle gare non devono essere illogiche, arbitrarie, inutili o superflue e devono essere rispettose del "principio di proporzionalità", il quale esige che ogni requisito individuato sia al tempo stesso necessario ed adeguato rispetto agli scopi perseguiti.

Il concreto esercizio del potere discrezionale deve dunque essere funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal pubblico incanto e deve rispettare i principi del Codice dei contratti.

Nella scelta dei requisiti di partecipazione, quindi, il ricordato principio di non discriminazione impone che la stazione appaltante deve ricorrere a quelli che comportino le minori turbative per l'esercizio dell'attività economica.

In definitiva l'intero impianto dell'avviso non deve costituire dunque una violazione sostanziale dei principi di libera concorrenza, par condicio, non discriminazione trasparenza di cui all'art. 2. primo comma del d.lgs. n.163/2006 e s.m. .

Nel caso in esame l'interesse dichiarato dall'Amministrazione, concernente la necessità di una "gestione unitaria" dei predetti servizi sui diversi poli museali, appare estraneo alla richiesta di esercizio precedente di tre punti ristoro "con il medesimo marchio".

L'utilizzo del medesimo marchio o brand avrebbe infatti potuto eventualmente costituire una "clausola negoziale" dell'avviso, vale a dire un'obbligazione contrattuale per il futuro aggiudicatario del contratto di concessione, ma non poteva integrare alcun particolare ulteriore requisito rispetto al fatturato di un operatore economico che operi (o ritenga preferibile operare per propria scelta aziendale) sul mercato con "brand" differenti.

L'imporre un unico marchio per le varie gestioni è una variabile del procedimento che comporta l'impossibilità assoluta di partecipare alla gara di soggetti che il cui fatturato pure corrisponderebbe ai limiti fissati.

In sostanza la clausola è illegittima perché costituisce un'irragionevole restrizione della concorrenza, senza che a ciò corrisponda ad alcun interesse per la Stazione appaltante.

In definitiva sul punto l'avviso impugnato sul punto è illegittimo e va annullato.

 4.  Nei predetti profili, nei quali restano assorbite le restanti censure il ricorso è dunque fondato.

Per l'effetto deve essere pronunciato l'annullamento dell'avviso impugnato.

Le spese, ai sensi dell'art. 26 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, seguono la soccombenza e sono liquidate in € 2.000,00 in favore della parte ricorrente.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater)

 

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

1. accoglie il ricorso di cui in epigrafe e per l'effetto annulla il provvedimento di cui in epigrafe.

2. Condanna l'Amministrazione al pagamento delle spese processuali in € 2.000,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2010 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Scafuri, Presidente

Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore

Stefania Santoleri, Consigliere

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/10/2010

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

giovedì, ottobre 14, 2010

COMUNICATO N. 45/10

Riqualificazione: cosa c'è da fare

Dopo le nostre richieste all'Amministrazione di portare a termine quanto prima lo scorrimento delle graduatorie del personale idoneo ai passaggi tra le Aree I^ e II^ (dall'ex-Area A, alla ex-posizione economica B1) –nAddetto Amministrativo – Addetto Tecnico

garantire le pari opportunità

e finire lo scorrimento nelle graduatorie per i passaggi di Area

 

Il Coordinamento nazionale ha sollecitato l'Amministrazione centrale ad attivarsi urgentemente per garantire le pari opportunità e portare a termine lo scorrimento nelle graduatorie del personale per i passaggi di tutte le Aree, dopo che ieri aveva anche richiesto di definire il passaggio tra la I^ e la II^ Area, consentendo così la possibilità di poter fare assunzioni dall'esterno, dato che i posti disponibili si rendevano – appunto – con la definizione della conclusione dei passaggi di Area.

La nostra richiesta veniva rafforzata anche da quanto riportato nei Bandi allegati alla circolare ministeriale n. 143 del 20 giugno 2007 (di cui Accordo Amministrazione/OO.SS. del 7 giugno 2007) dove peraltro viene ribadito che "nelle more del rilascio della autorizzazione richiesta ad estendere fino a 1.401 i posti complessivi per l'accesso alla posizione economica B1 l'Amministrazione potrà procedere all'inquadramento in ruolo".

 

 

Per garantire le pari opportunità e terminare lo scorrimento nelle graduatorie per tutti i passaggi di Area,

il Coordinamento nazionale OGGI ha anche messo in mora l'Amministrazione affinché definisca tassativamente la conclusione di tutti i passaggi rimasti in sospeso,

considerato che in cassa ci sono ancora oltre 10 milioni di euro!

 

 

Si riporta la sintesi delle comunicazioni inviate al Direttore Generale al Personale arch. Antonia Pasqua Recchia, ed al Segretario Generale arch. Roberto Cecchi, oltre ad aver informato anche il Direttore OIV, Dott.ssa Anna Maria Buzzi, ossia la Direzione preposta alla nuova valutazione della produttività ed efficienza nel Ns. Ministero (c.d.: Performance).

« Ci preme far rilevare, anche per una tempestiva trattazione e conclusione al Tavolo di Contrattazione nazionale, che quanto comunicato nell'ultima riunione dello scorso 4 ottobre, ha messo in evidenza – ancora una volta – la sperequazione di trattamento tra i passaggi di tutte le Aree ed ha fatto emergere elementi di non chiarezza e trasparenza per quanto riguarda gli ultimi inquadramenti a seguito:

-         della disparità nello scorrimento delle graduatorie nella  II^ e III^ Area;

-         di variazione nella nomina a seguito di ricorso (amministrativo, stragiudiziale, ex art. 700 c.c.);

-         di ulteriori ricorsi di riesame per mero errore materiale;

-         di pronunce dell'Autorità amministrativa, giudiziaria o stragiudiziale.

Si è assistito, e si sta assistendo ancora, a casi (fenomeni) di dipendenti che avendo firmato il Contratto in diversa regione sono poi stati inviati (invitati) immediatamente a prestare servizio nelle sedi di provenienza senza alcuna motivazione di trasparenza dell'Azione amministrativa esercitata e la dovuta comunicazione alle OO.SS. firmatarie degli Accordi sulla riqualificazione.

Specificatamente, la sperequazione di trattamento tra i passaggi nella II^ e III^ Area  è in merito alle cessazioni dal servizio, ed è sbalorditiva laddove si prevede che "solo le prossime cessazioni dal servizio determineranno disponibilità organica, che consentirà altri inquadramenti, risorse finanziarie permettendo". Questa disparità va chiarita al più presto e non può trovare applicazione laddove solo alcuni Lavoratori vengono copiosamente inquadrati nella posizione economica superiore.

Di conseguenza, non va tralasciata, come del resto previsto dal CCNL e dagli Accordi sindacali sottoscritti, la possibilità di portare a compimento il passaggio di tutti i lavoratori tra la I^ e la II^ Area, rimasto purtroppo del tutto disatteso.

Piuttosto, non vorremmo che questo modo di procedere dell'Amministra-zione, sia una azione cautelare in funzione di un assorbimento di personale

 

proveniente da altre Amministrazioni che nulla, hanno a che vedere con la conclusione dei processi di riqualificazione in atto presso l'Amministrazione dei Beni Culturali. Infine, non vorremmo trovarci – ancora una volta – ad una costituzione di un elemento ostativo per la conclusione di tutti i processi di riqualificazione.

Quanto evidenziato sta avanzando la legittima protesta dei lavoratori interessati che si sono riuniti in assemblea ed hanno chiesto di proclamare lo stato di agitazione dando mandato al Sindacato di mettere in moto le iniziative sindacali e legali affinché siano rispettate le condizioni statuite nei Bandi di riqualificazione e nei successivi accordi sindacali sottoscritti.

 

Pertanto sulla base di quanto esposto, si chiede:

1)     La pubblicazione a seguito del  "nuovo status":

·          degli scorrimenti in graduatoria per effetto delle cessazioni dal servizio di tutte le Aree;

·          di variazione nella nomina a seguito di ricorso (amministrativo, stragiudiziale, ex art. 700 c.c.);

·          di ulteriori ricorsi di riesame per mero errore materiale;

·          di pronunce dell'Autorità amministrativa, giudiziaria o stragiudiziale.

2)    Le motivazioni che hanno edotto l'Amministrazione ad operare in merito:

-         ai casi (fenomeni) di dipendenti che avendo firmato il Contratto in diversa regione sono poi stati inviati (invitati) immediatamente a prestare servizio nelle sedi di provenienza senza alcuna motivazione di trasparenza dell'Azione amministrativa esercitata.

3)    L'adozione immediata dei provvedimenti di inquadramento nelle fasce retributive superiori per tutti i Lavoratori risultanti ancora in posizione utile nelle relative graduatorie (di I, II e III Area) per effetto degli scorrimenti e delle variazioni occorse, attingendo dalle cessazioni come del resto prevedono gli attuali accordi sindacali sottoscritti, considerato che in cassa ci sono ancora oltre 10 milioni di euro.

 

 

Come sempre, su questo tema il Coordinamento Nazionale continuerà a portare avanti con forza e decisione le rivendicazioni già messe in atto in difesa del personale rappresentato.

 

Cordiali saluti

 

IL SEGRETARIO NAZIONALE

     (Dott. Giuseppe Urbino)

 

mercoledì, ottobre 06, 2010

DAL NOTIZIARIO DEL MESE DI SETTEMBRE

STORIA INFINITA DI UNA LUNGA RIQUALIFICAZIONE

 

 

Per chi come noi da tempo ha seguito la complessa e tortuosa vicenda del personale in via di riqualificazione, dopo quella già effettuata all’interno delle aree, deve purtroppo constatare l’abnorme dilatazione dei tempi rispetto all’emanazione del bando, avvenuta già da diversi anni, della riqualificazione attuale, ovvero per il passaggio tra le aree ed in particolare ci riferiamo al passaggio dall’ex area B all’ex area C. Si potrebbe obiettare che questo ritardo sia dovuto alle restrizioni a monte che le normative espressamente prevedevano. Se fosse stato solo questo, avremmo  avuto una sorta di palese giustificazione ma, in realtà, purtroppo dobbiamo non solo prendere in considerazione la mancanza di volontà politica da parte degli amministratori pubblici che nei diversi governi si sono succeduti, ma soprattutto dalla mancanza di adeguatezza e serietà di alcuni “pseudo – sindacalisti” del nostro Ministero che, presi dalle loro alterne vicende del tutto personali, hanno maldestramente svenduto l’intera partita sacrificando, di fatto, l’interesse e le aspettative primarie dei dipendenti del MiBAC. 

Infatti, ognuna delle tre sigle confederali, ha volutamente e continuativamente distratto il tavolo nazionale portandolo a discutere di  tutt’altro, senza mai approdare in tempi  rapidi alla completa definizione dei processi di formazione e riqualificazione.

La CGIL e CISL del Ministero, da una parte hanno ostacolato la fluidità del lavoro al tavolo nazionale, tergiversando con futili motivi di discussione che non portavano a nulla di concreto, semmai allontanavano sempre di più le parti, ingenerando reazioni anche contrastanti dalle altre rappresentanze sindacali.

La UIL bac d’altra parte, si è “inalberata” sul suo “piedistallo” credendosi l’unico sindacato “portatore di verità” e sempre pronto a dispensare indicazioni, forme ed azioni di lotta, che tutto lasciano pensare se non l’eterno compromesso, tra chi deve mediare sulle situazioni, quando invece c’è poco da conciliare perché, se pur vero è che la norma va interpretata, il passo successivo altro non può essere che quello di dargli e pretendere con forza e vigore, la sua completa applicazione.

La CONF.SAL-UNSA Beni Culturali, pur avendo manifestato il proprio dissenso sul “cattivo sindacato” di CGIL – CISL – UIL di settore, ha più volte denunciato il fazioso comportamento e ha svolto il proprio ruolo con coraggio, affinché si desse mantenimento alla parola data ai lavoratori, sia sullo scorrimento delle graduatorie a seguito della disponibilità dei posti, e qui ci riferiamo ai passaggi all’interno delle aree, sia perché proseguisse l’impegno di prevedere per tutti i dipendenti rimasti fermi un percorso formativo che potesse veramente riqualificare detto personale.

Purtroppo, tra lungaggini burocratiche e sindacali, si è perso molto tempo e ormai la riforma Brunetta non ci lascia molto spazio.

Occorre fare tutto in fretta, anche se permangono situazioni ancora da decidere da parte degli organi giurisdizionali competenti in materia, fermo restando la decisione degli organi suddetti, si è tuttavia ritenuto che comunque i lavoratori del MiBAC dovevano sostenere gli esami per la riqualificazione riferita al passaggio dall’area B all’area C posizione economica di C1, ottenendo a tempo debito   l’assenso dell’Amministrazione che, anche subito dopo gli esami che si stanno sostenendo, possano effettuare gli esami tutti quelli che a suo tempo avevano fatto ricorso ottenendone la sospensiva per l’esclusione vista la mancanza del requisito dell’anzianità, anche se com’è noto, ciò non può subito determinarsi per tutti gli altri dipendenti riammessi a seguito della riapertura delle procedure, poiché per volontà dell’Amministrazione, quest’ultimi dovranno attendere la discussione d’ appello dinnanzi al Tar del Lazio.

Tutto questo dovrà realizzarsi entro il 31 dicembre 2010, altrimenti in base alla normativa vigente, le progressioni sono valide solo ai fini giuridici. Al punto in cui siamo, tocca fare di tutto pur di salvare il salvabile onde consentire l’ agognata riqualificazione a tutti coloro i quali aspirano ad un avanzamento della propria carriera. Ovviamente tutti sanno che i posti messi a concorso sono limitatissimi, anche se le possibilità di ampliarne il numero, nonostante le restrizioni governative, potrebbe concretizzarsi, e questa è la nostra posizione ufficiale. La CONF.SAL-UNSA Beni Culturali continuerà a svolgere il ruolo che gli compete, anche se per fare questo dovrà pagarne il prezzo di una agguerrita coalizione sindacale che ci vedrà tutti contro.

 

 

 

 

DAL NOTIZIARIO DEL MESE DI AGOSTO

Statali: sempre più vicini alla soglia di povertà

 

Il Governo, attraverso il ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta, continua a tergiversare su una astrazione di cifre, infatti continua ad affermare, che nel pubblico impiego gli stipendi negli ultimi 15 anni hanno avuto un maggiore aumento, rispetto al settore privato. Il Ministro Brunetta, afferma che considera questo fatto, un vero e proprio paradosso che non può durare a lungo. Viceversa noi sosteniamo che quanto affermato dal Ministro Brunetta, debba essere respinto al mittente . Infatti se fosse vero tutto ciò, non si spiegherebbe come possano esistere buste paga da 1.000/1.200 euro. Inoltre, legate ad un contratto di categoria, bloccato fino al 2012. Oltre che rinviare al mittente la provocazione invitiamo lo stesso Ministro ad uniformarsi di più alla realtà e svolgere il suo mandato con più imparzialità politica e sana onestà. Basterebbe conoscere di più il lavoro nel pubblico impiego e sapere con quanta fatica i lavoratori non riescono a raggiungere neanche la terza settimana del mese e l’indebitamento a monte sulle buste paghe incide con notevoli trattenute sullo stipendio e varie uscite  per debiti contratti con banche e finanziarie.

Pertanto, non possiamo credere, che si possa giungere ad una percentuale d’accrescimento del salario nel pubblico impiego, mettendo nel “calderone”, anche i lauti stipendi dei Magistrati, degli Avvocati dello Stato, dei Capi Dipartimento, dei Direttori Generali, dei Manager Pubblici e di tutte quelle Lobby, che i mille euro per loro rappresentano solo briciole. Solo l’ignoranza di persone che vivono al di sopra della loro possibilità, possono non capire lo stato di necessità dei pubblici dipendenti.

Questa è la situazione attuale di cui il ministro alla Funzione Pubblica, non conosce a fondo e non comprende le stridenti contraddizioni dei redditi del lavoro dipendente, nonché le profonde diversità economiche, che regnano all’interno della Pubblica Amministrazione. Così facendo il ministro si nasconde dietro il dito di una mano e non valuta sufficientemente la questione economica, con la corretta oggettività.

Ecco giustificata l’assordante campagna denigratoria nei confronti dei pubblici dipendenti, organizzata “ad hoc”, proprio in previsione del blocco del contratto. Una campagna diffamatoria che, indicava proprio nelle sfere più basse del pubblico impiego, un’incontenibile e radicata propensione all’assenteismo e all’improduttività. Che dire delle promesse fatte da Ministro Brunetta di rinnovare i contratti alla loro scadenza, che la crisi finanziaria andava via via dissolvendosi e che si intravedeva una congiuntura più  favorevole per la nostra nazione. È bastato poco per scaricare il costo dello stato sociale direttamente sui lavoratori del pubblico impiego, che mai come in questo momento rappresentano una “cassa pronta” a cui farne uso immediatamente.

Di pari passo il Governo provvede a scaricare l’intero balzello di tasse direttamente sulle spalle dei più deboli, un vero e proprio attacco diretto, verso quelle categorie che non possono dare una risposta adeguata. Si parla tanto di stanare gli evasori fiscali, ma con i continui tagli nel pubblico impiego diventa quasi impossibile poter condurre una vera e propria battaglia contro gli evasori.

Questo spiega, perché non sono stati indicati e collocati nello stesso contenitore, tutte le suddette categorie. All’opinione pubblica, è stata consegnata una statistica dei “polli” che fa percepire un risultato così devastante, infatti il rinnovo del Contratto riprenderà all’inizio del 2013, mentre nel frattempo, gli aumenti delle tasse, dei tributi e dei servizi continuano inesorabilmente ad avere corso, senza contare ovviamente l’inarrestabile aumento dei generi alimentari e delle cose di largo consumo. Il Governo, con questa linea politica sta attaccando solo ed esclusivamente i lavoratori del pubblico impiego e contribuisce ad indebolire ulteriormente la figura dei pubblici dipendenti, poiché, oltre che pagarli poco li mette in un vortice di prestazione parassitaria che non corrisponde alla realtà. Diversamente come farebbe a funzionare la macchina statale, e tutti i servizi annessi e connessi, ed in particolar modo per quanto riguarda il nostro settore: i Musei, le Biblioteche, gli Archivi, ecc. se non ci fosse l’impegno, la costanza, la capacità di operatori seri e preparati.

Il ministro Brunetta anziché fornire freddi numeri e false statistiche, farebbe bene ad osservare e studiare meglio la realtà così comprenderebbe che i suoi dipendenti, fanno parte ormai della triste e discussa nuova soglia di povertà.

Se consideriamo che all’Estero i dipendenti pubblici percepiscono stipendi più alti di circa il 30% -40% a parità di costo della vita, mentre in Italia anziché rapportare gli stipendi a quelli europei, vengono introdotte sempre di più distanze economiche ben lontane dai parametri dell’UE e soprattutto il tutto si accompagna con l’ingratitudine da parte di uno Stato, che anziché esaltarne le qualità, li scaraventa in un bailamme di irriverenze, tacciandoli quali fannulloni e parassiti. Pertanto, ai prossimi incontri con le Parti Sociali, il Ministro Brunetta dovrà stabilire l’intesa su come affrontare la fase di blocco del contratto, anche se come abbiamo visto, la prospettiva si presenta al quanto negativa e la situazione dei dipendenti pubblici va ben oltre il limite delle possibilità.

Non ci resta che fare appello alla nostra Federazione e Confederazione, affinché continuino a supportare, anche in questa fase la difesa salariale dei lavoratori del comparto del Pubblico Impiego.

Giuseppe Urbino

DAL NOTIZIARIO DEL MESE DI LUGLIO

L’ACCOLLO FALLIMENTARE DELLA SOCIETA’ ALES SUL BILANCIO DEL MIBAC

La Società Ales creata nel 1998, dopo un passato fallimentare, un tempo mista e appositamente creata per "riciclare" gli ex LSU, ha subito una profonda metamorfosi.

E' diventata una SPA a totale partecipazione statale ed ha cambiato lo statuto candidandosi, in tal modo, alla realizzazione di tutte le attività di gestione dei servizi e valorizzazione dei Beni Culturali.

Da pochi mesi dovrebbe entrare nella gestione dei Beni Culturali in Campania, tranne Pompei destinata ad un’ennesima fondazione.

La Società Ales, come già accennato, si è dotata di un nuovo statuto che ne amplia il raggio d'azione, e ciò ha fa preoccupare i concessionari privati che già operano nel settore dei Beni Culturali. Infatti, la società per azioni del Ministero per i Beni culturali che si occuperà dei lavori e dei servizi a cui pochi conoscevano l'esistenza, parte già sul piede sbagliato, in quanto, nonostante i notevoli finanziamenti, chiuderà quest’anno il proprio bilancio negativamente e così sarà anche per il prossimo anno. C’è da chiedersi a chi sia servito accollarsi una montagna di debiti per far uscire dall'ombra una Società tanto discussa e trasformarla in un oggetto misterioso che assomiglia tanto  all’altra Società di Stato com’è Arcus, anch’essa coinvolta in notevoli inchieste giudiziarie.

Infatti, l’interrogativo più frequente è quello di capire a che cosa serve e quale sarà la sua funzione in futuro? Se solo pensiamo che si tratta di una Società che fu creata nel 1998 ed è stata solo utile per sistemare alcune centinaia di «lavoratori socialmente utili» assegnati al Ministero per i Beni e attività culturali e impiegati in lavori di pulizia, giardinaggio e vigilanza in Campania e nel Lazio.

Per anni i lavoratori dell’Ales sono serviti a tappare i buchi nell’organico del Ministero e oggi regolarmente assunti, attualmente rispetto alle migliaia di unità si sono assottigliate a circa 800 persone e che tra l’altro molti di loro hanno raggiunto la soglia della pensione. E’ ben noto a tutti che la Società Ales è servita soprattutto negli anni a sistemare personaggi espulsi dalla politica e per scopi prettamente clientelari, così come avviene per tutti quegli Enti fortemente voluti dal potere politico. Pertanto, solo i “benpensanti” della ristretta cerchia dei collaboratori del Ministro Bondi, potevano accollarsi un passivo così tanto vistoso che in un periodo come questo, di tagli alla spesa pubblica, che già incute tanto timore e altrettanta preoccupazione, d’altro canto e facile pensare che se si trattasse solo di sostenere i costi dei lavoratori, forse ancora ancora si potrebbe fare, ma, purtroppo, come abbiamo già avuto modo di appurare, i costi non sono solo quelli, ma molto di più e quindi, inevitabilmente confluiscono sul bilancio, che come è risaputo, già negli anni tra il 2007 e 2008 erano in rosso di circa 2 milioni di euro e che proprio per questo la stessa società ha rischiato la chiusura e i 430 dipendenti il loro licenziamento, se non fosse intervenuto un accordo sindacale nel settembre 2008, che ha favorito la riduzione del personale e la vendita di alcuni uffici.

Attualmente i dipendenti ammontano a circa 311, pur avendo la società nello stesso anno cambiato e ampliato le sue competenze. Dal mese di gennaio 2010, è stato varato un terzo statuto che specifica e conferma quanto riportato negli statuti precedenti ed stende il raggio d'azione della stessa società.

La società Ales, nelle intenzioni politiche più influenti,doveva diventare la “Beni Culturali Spa” quella che fu definita a suo tempo una “megasocietà” di tipo poliedrica al servizio del Ministero per i beni e le attività Culturali, un progetto questo, se pur ambizioso, ma, miserevolmente abbandonato.

Dopo svariati tentativi dei vari organismi istituzionali che a fatica cercavano di districarsi la “patata bollente” senza alcuna via d’uscita, c’è stata l’illuminazione della politica del Gabinetto Bondi, che ha pensato, che tutto sommato avere a propria disposizione un contenitore assai utile, come quello di  Ales, poteva comunque far comodo alla gestione e al potere discrezionale dell’Amministrazione.

Così è passata alle dipendenze del Direttore Generale per la valorizzazione Cav. Mario Resca e continua nei suoi compiti stabiliti in contratti d'appalto con il Ministero per tutto ciò che concerne le pulizie, custodia e giardinaggio, anche se per il futuro la società Ales, pur non avendo ancora un proprio mercato, fa preoccupare gli erogatori dei servizi privati che già sono inseriti nel settore, in quanto per statuto può svolgere una lunga serie di compiti in ambito nazionale e internazionale, inerenti la gestione dei musei, aree archeologiche, monumentali, biblioteche e archivi, nonché i servizi al pubblico, la vigilanza, le visite guidate, la biglietteria, il bookshop, la gestione dei posti di ristoro, oltre a ogni altra necessità di tipo istituzionale o attività di supporto.

E come se non bastasse, può gestire convegni, fiere, spettacoli, farsi casa editrice per la produzione di libri, periodici e stampati, materiali audiovisivi e didattici, nonché  esercitare l'attività di merchandising, progettare e realizzare allestimenti, call center e perfino i servizi di supporto alla catalogazione delle opere d'arte.

La società Ales pur non avendo ancora, il know-how e le professionalità capaci di occuparsi di tutto questo, tuttavia il suo statuto ne fa un potenziale colosso, un formidabile partner «in house» del Ministero.

Tutto questo, come abbiamo già detto, preoccupa quell'insieme società private che, dopo la legge Ronchey del 1993, si sono sviluppate e lavorano per le Soprintendenze nei musei di tutta Italia, nel campo dei «servizi al pubblico», le quali temono che il Ministero possa usare la società Ales per invadere il mercato con tutta la sua ingombrante presenza.

L'Europa è molto chiara su questo: le società in house come la Ales, dovrebbero rappresentare l’estrema “ratio”, e quindi un eccezione. C’è comunque da augurarsi che la Ales non parteciperà mai a gare e non opererà in deroga al regime degli appalti.

L'applicazione di questo tipo di attività fa intravedere quello che una volta si poteva definire “compartecipazione statale” e che negli anni è stata del tutto accantonata per lasciare spazio al mercato e far sì che non sia sempre lo Stato a sanare i deficit di bilancio delle Aziende.

Nel programma del Direttore Generale Mario Resca si prevede di trovare finanziamenti per consentire alla società Ales di agire formalmente e di intervenire in tutti quei settori nei quali Ministero e Soprintendenze mancano di personale. Ma quali saranno questi settori?

Non è ancora chiaro, e forse potrebbero essere la manutenzione e la sorveglianza, o la fornitura di alcune figure professionale di livello medio-alto che potrebbero trovare collocazione all'interno delle Soprintendenze, al fine di coprire le loro carenze d’organico, creando nel contempo una anomala struttura parallela.

La Confsal-Unsa Beni Culturali da tempo si sta battendo per impedire lo sviluppo di fondazioni e di società finanziate con capitale pubblico e messe a disposizione di privati che acquisiscono la gestione dei beni culturali a condizioni assai favorevoli,scevra dai costi del personale ed altre situazioni di spese pur incamerando  gli utili ad incremento dei loro capitali.

Contrariamente a quanti che intravedono nuove prospettive di sviluppo per il settore, il nostro sindacato è attento e vigile sull’operato dell’Amministrazione che ancora una volta sta optando al proprio ruolo istituzionale, in cambio di un surrogato organizzativo che non potrà mai eguagliare le capacità Tecniche-Scientifiche—Amministrative del personale del MiBAC.

Spiace constatare che a fronte di una simile situazione le Organizzazioni Sindacali si presentano come al solito disunite, dando un ulteriore prova della loro incapacità di difendere gli interessi dei lavoratori, che attraverso la delega hanno affidato la loro fiducia affinché non vengano depauperate le funzioni e le professionalità.

Pertanto, rispondiamo in maniera compatta a CGIL e CISL del settore, che ci accusano di essere corporativi, così come replichiamo alla UIL-BAC che ogni nostro operato è svolto esclusivamente a difendere la base produttiva del Ministero e quindi non ci lasciamo distrarre da accuse gratuite, che tendono a nascondere la verità pur di accalappiare qualche iscritto in più.

 

 

 

 

 

 

 

DAL NOTIZIARIO DEL MESE DI GIUGNO

L’operato di Bondi su Arcus sempre di più in rotta di collisione con la Magistratura ordinaria e contabile

 

Sono anni che il nostro sindacato ha più volte denunciato la mancata trasparenza nella gestione di Arcus S.p.A. e, solo da qualche settimana i magistrati contabili, si accorgono che le cose non vanno.

Se ne accorgono perché è intervenuta la magistratura ordinaria ma, avrebbero potuto intervenire molto prima se avessero letto con attenzione proprio le relazioni al parlamento redatte dal consigliere preposto al controllo degli atti di Arcus.

Le relazioni sono a disposizione di tutti, sono sul sito internet della Corte dei Conti e se andiamo ad analizzare bene l’intera gestione della Spa in condominio tra Beni culturali e Infrastrutture si capirà che non è solo il problema di Propaganda Fide.

Detto questo è arrivato il momento di fare realmente chiarezza sul carrozzone che distribuisce denaro pubblico a pioggia senza declamare i criteri pubblicamente. Lo scarica barile della responsabilità che sta avvenendo in questi giorni tra potere politico e quello amministrativo è la prova lampante dell’inutilità, di tenere ancora in piedi Arcus Spa. Ma se a decidere gli interventi sono i due ministri, quello dei Beni culturali e quello delle Infrastrutture e non il presidente e il Cda di Arcus, che senso ha tenere in piedi una società per azioni il cui elevato costo di gestione pesa fortemente sulla spesa pubblica? (Non va dimenticato che Arcus per esempio spende circa 18 mila euro al mese per la sua sede nel centro di Roma per ospitare meno di dieci dipendenti).

Si riportino al più presto le competenze all’interno del Ministro dei Beni culturali, e si metta subito in liquidazione la Spa, oggi come oggi non ci sono più scuse, Arcus deve essere chiusa”. A poco servono le dichiarazione del Ministro dei Beni culturali Sandro Bondi il quale  rivendica di aver adottato "procedure per l' assegnamento di fondi ispirate alla massima trasparenza ed efficienza" ad Arcus, la società in condominio tra  il ministero dei beni culturali e quello delle infrastrutture finita al centro dell' attenzione per le indagini sui grandi appalti.

"Quando sono arrivato al ministero - afferma Bondi in un passaggio di una lettera di replica a 'Repubblica' Arcus operava senza alcun regolamento.

E' stata mia premura dotarne di uno affinché fossero stabilite procedure per l' assegnamento di fondi ispirate alla massima trasparenza ed efficienza.

Tra l'altro voglio chiarire che lo statuto di Arcus non vieta di finanziare restauri del patrimonio ecclesiastico, come peraltro da sempre fanno le nostre sovrintendenze".

Il ministro Bondi sottolinea, più in generale, che "l' obiettivo principale del ministero, e del direttore per la valorizzazione, Mario Resca, è di aumentare e migliorare la qualità dei servizi al pubblico, incentivando, al contempo, la libera concorrenza e trasparenza del mercato nell' esclusivo interesse pubblico".

Troppi sono i fatti che lasciano pensare ad una gestione diversa, tanto diversa che è del tutto fuori dai canoni tradizionali. Si è intrapresa una strada troppo pericolosa e molto appetibile agli interessi esterni che sempre di più premono per entrare con forza nella complessa gestione dei Beni Culturali.

 

 

 

TRIBUNA SINDACALE RACCOLTA INFORMATIVA ON-LINE DEL 12 luglio 2010

Il museo fantasma di Ercolano inaugurato due volte, mai aperto

Scavi abbandonati al degrado, uno spazio espositivo pronto dal '78 e mai avviato: 4000 reperti dimenticato in caveau e magazzini. E anche Pompei perde visitatori. Mentre la magistratura indaga sull'uso dei fondi Ue

 

ERCOLANO - A Ercolano il museo antiquarium è una struttura fantasma: nonostante sia stato costruito 35 anni fa e inaugurato due volte, nel '78 e nel '93 (le vetrine ancora imballate), non è mai stato aperto.

I quattromila reperti archeologici che dovrebbe ospitare, giacciono da anni blindati nel caveau di una banca. O depositati in magazzini, alcuni dei quali infiltrati dalle piogge.

La "culla di legno carbonizzata", la "statua di bronzo di bacco", le sculture della "casa dei cervi", gli "ori" riemersi fra gli scheletri, e poi la mobilia annerita dai 500 gradi della nube ardente vulcanica sono solo alcune delle perle del "museo che non c'è", negate alla curiosità dei trecentomila visitatori che si recano ogni anno a Ercolano.

Anche le "terme", la parte più suggestiva degli scavi, sono chiuse al pubblico: i visitatori si trovano la porta d'ingresso chiusa a chiave e nessun cartello a spiegare il perché.

Stessa sorte per il "teatro antico", il più famoso essendo il primo scavo fatto nel '700: è inaccessibile al pubblico.

I trecento calchi dei corpi carbonizzati dall'eruzione del 79 dopo Cristo, rinvenuti al livello della spiaggia sotto una coltre di 19 metri di fango vulcanico, ancora non sono stati esposti nel luogo di ritrovamento, nonostante i lavori per il loro allestimento siano iniziati 12 anni fa.

Se Ercolano piange, Pompei non ride. Un esempio per tutti: a Pompei, il sito dei fuggiaschi, un gioiello degli ultimi scavi della metà degli anni Novanta finanziati dai fondi Fio, è incredibilmente sbarrato da una fune sgualcita.

Anche qui nessun cartello offre una qualsiasi spiegazione. Si trovano nella "regione prima, insula 22esima" del sito archeologico, a pochi metri dall'orto dei fuggiaschi.

Ma i visitatori non possono accedere a questa area rialzata, di interesse eccezionale (si possono vedere i corpi di persone sopravvissute alla prima eruzione, ma uccise dai fanghi vulcanici mentre tentavano di fuggire sopra un metro di pomici), perché l'ingresso è loro impedito da una corda.

La rampa di scale è priva del primo gradino, la teca di vetro antiproiettile di protezione ai calchi è impolverata da chissà quanto tempo.

Difficile tentare di dare una spiegazione al "male oscuro" che affligge da sempre gli scavi di Ercolano e Pompei, ma che s'è acuito in questi ultimi anni che hanno visto, di recente, perfino il commissariamento da parte di un funzionario della Protezione Civile.

Tutta la macchina amministrativa delle soprintendenze campane, del resto, sembra da tempo nel caos. È mai possibile, per fare un esempio, che quella di Napoli, dalla quale dallo scorso agosto dipendono Ercolano e Pompei, sia retta ad interim dall'ex segretario generale del ministero dei Beni culturali - ormai in pensione - Giuseppe Proietti, che è nel contempo pure soprintendente speciale di Roma ed Ostia? Ma non solo. La soprintendenza di Salerno, da cui dipendono i siti archeologici di Avellino, Caserta e Benevento, è affidata alla dottoressa Maria Luisa Nava la cui nomina ha ottenuto il record degli annullamenti: l'hanno bocciata il Tar (con conferma del Consiglio di Stato), e un decreto della presidenza della Repubblica. Ciononostante, continua a esercitare le sue funzioni con il rischio che tutti gli atti da lei firmati siano formalmente nulli.

Il tutto accade mentre uno dei massimi esperti di scavi vesuviani (300 pubblicazioni scientifiche fra Ercolano e Pompei), il dirigente Mario Pagano - cacciato inspiegabilmente dalla soprintendenza di Salerno dopo soli 3 mesi dalla sua nomina con procedura pubblica - è da tempo mobbizzato dal ministero dei Beni culturali. Pagano è lasciato a casa da più di un anno con stipendio, ma senza incarico, nonostante due ordinanze della magistratura del Lavoro abbiano disposto il suo reintegro a pieno titolo nei ruoli della direzione regionale archeologica campana. Il motivo del mobbing nei suoi confronti potrebbe nascondersi in un'indagine giudiziaria top secret della procura di Salerno sulla gestione "allegra" dei fondi della soprintendenza salernitana.

Il pm Rocco Alfano e la sua polizia giudiziaria hanno già acquisito la contabilità degli ultimi anni, in particolare dei progetti finanziati dalla Ue.

L'inchiesta penale trae spunto dalle indagini difensive  -  poi riversatesi in un esposto in procura - dell'avvocato Katiuscia Verlingieri (legale di Pagano), che ha scoperto strane irregolarità nei conti di alcuni lavori finanziati dalla Ue a Paestum e Velia.

L'avvocatessa-investigatrice, armata di registratore, è riuscita a dimostrare che un ammanco di 400 mila euro della soprintendenza di Salerno è stato "sanato" dai fondi stanziati dal ministero dei Beni culturali sulla base di una perizia falsa, per lavori di manutenzione in realtà mai fatti. (ALBERTO CUSTODERO)