mercoledì, ottobre 20, 2010

COMUNICATO N 46/10

DA RIVEDERE I REQUISITI RICHIESTI NEI 'BANDI' DI SOLLECITAZIONE ALLA DOMANDA DI PARTECIPAZIONE ALLE PROCEDURE DI GARA PER I SERVIZI IN CONCESSIONE SCADUTI LO SCORSO 15 SETTEMBRE.

 

Richiesta da più parti l'annullamento in autotutela di tutti bandi

 

BOCCIATA LA GARA

PER I RISTORANTI NEI MUSEI ROMANI

 

Secondo i giudici amministrativi del Tar del Lazio le condizioni poste dal Bando di sollecitazione del Polo museale romano per i servizi di ristorazione non sono rispettose della concorrenza, perché hanno requisiti eccessivi!

La sentenza è dovuta in seguito al ricorso presentato da una società privata che non ha potuto partecipare perché nei requisiti richiesti per la selezione per l'affidamento dei servizi di ristorazione del Polo museale romano era eccessiva la condizione "di aver gestito tra punti di ristoro con il medesimo marchio per tre anni". 

I giudici hanno ricordato che i requisiti di partecipazione alle gare non devono essere illogici, arbitrari, inutili o superflui e devono essere rispettosi «del principio di proporzionalità, il quale esige che ogni requisito individuato sia al tempo stesso necessario e adeguato rispetto agli scopi perseguiti».

In altre parole, la Stazione appaltante deve porre attenzione a creare «le minori turbative per l'esercizio dell'attività economica» e il bando non deve costituire «una violazione sostanziale dei principi di libera concorrenza, par condicio, non discriminazione e trasparenza».

 

Sembrerà strano, ma pare che il Tar sia a conoscenza delle irragionevoli conformità richieste a quanto segnalato da questa Organizzazione Sindacale alle Stazioni appaltanti di Roma, Napoli e Firenze nello scorso mese di settembre (vedi ns. Comunicato Stampa del 23 settembre) dato che le suddette motivazioni esplicitano anche "un'irragionevole restrizione della concorrenza".

 

Riteniamo che il Ministero dovrebbe prendere atto della sentenza e, onde evitare ulteriori contenziosi con conseguenti riflessi sulle gare (la stessa questione è anche all'esame dell'Antitrust) annullare in autotutela i bandi per provvedere ad emendare il suddetto vizio (oltre a tutte le incongruenze riscontrate già segnalate).

 

Cordiali saluti

 

IL COORDINAMENTO NAZIONALE

CONFSAL-UNSA BENI CULTURALI

 

 

 

Per completezza di informazione, si trascrive la sentenza in questione.

 

N. 32717/2010 REG.SEN.

N. 07837/2010 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 60 e 74 cod. proc. amm.;

 

sul ricorso numero di registro generale 7837 del 2010, proposto da:

Soc Expo 2004 Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Monica Sardo, Sergio Caracciolo, con domicilio eletto presso Sergio Caracciolo in Roma, via Lazio,20/C;

 

contro

 

Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

per l'annullamento

 

dell'avviso del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il Polo museale della città di Roma, di sollecitazione alla domanda di partecipazione CIG 05019752DF, pubblicato in GURI, il 5° serie speciale, il 30 giugno 2010 e della documentazione ivi allegata;

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero Per i Beni e Le Attività Culturali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2010 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

 

Il Collegio, preliminarmente, ritiene che, sentite sul punto le parti costituite, il giudizio possa essere definito, in camera di consiglio, con sentenza in forma semplificata, in quanto sussistono i requisiti di cui all'art. 60 del d.lgs. 2 luglio 2010 , n. 104, essendo trascorsi almeno venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso; non ponendosi problemi di contraddittorio e risultando sufficienti gli elementi istruttori.

Il ricorso è diretto all'annullamento della "sollecitazione alla domanda di partecipazione"per l'affidamento in concessione per sei anni . dei servizi di caffetteria presso vari musei per un importo complessivo di € 6,199 mila ml.

 1. Preliminarmente deve essere esaminata l'eccezione preliminare d'inammissibilità, introdotta oralmente alla Camera di Consiglio, dalla Difesa Erariale, per cui la ricorrente difetterebbe di interesse all'impugnazione di un avviso per il quale non avrebbe fatto la domanda di partecipazione.

L'eccezione va respinta.

Deve, per contro, rilevarsi come quando la partecipazione alla procedura per l'aggiudicazione di un appalto è preclusa dallo stesso bando, sussiste l'interesse a gravare la relativa determinazione a prescindere dalla mancata presentazione della domanda.

In tali casi infatti, posto che la presentazione della stessa si risolve in un adempimento formale inevitabilmente seguito da un atto di esclusione, con un risultato analogo a quello di un'originaria preclusione e perciò privo di una effettiva utilità pratica (cfr. Consiglio Stato , sez. V, 02 agosto 2010, n. 5069) nei limiti della ragionevolezza e della proporzionalità,non vi sono dunque dubbi sulla piena ammissibilità del gravame.

 2. Nell'ordine di rilevanza devono essere esaminati il primo, il secondo ed il terzo motivo di gravame. Con il primo motivo la ricorrente lamenta l'illegittimità dell'accorpamento in un unico lotto della concessione.

Il primo motivo non convince.

In linea di principio, la scelta di comprendere, o meno, in un unico appalto ovvero in più lotti, un complesso di prestazioni da conferire mediante pubblica gara, attiene alla discrezionalità tecnica dell'amministrazione (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 20 marzo 2007, n. 1331).

Nel caso di specie, in relazione all'assoluta omogeneità dei servizi, la previsione dell'avviso impugnato appare dunque pienamente legittima.

 3. Con il secondo ed il terzo motivo si deduce l'illegittimità del requisito aggiuntivo relativo alla richiesta di aver gestito "tre punti di ristoro" con il medesimo marchio per tre anni (secondo profilo) inibendo così la possibilità di partecipare in Ati o utilizzando l'avvalimento.

Il motivo è fondato.

Al riguardo si deve ricordare come,ai sensi dell'art. 30 comma 3°, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163, nelle gare indette per la concessione di servizi la "…scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all'oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi."

In tale quadro dunque, ai fini della verifica dell'effettiva capacità tecnica, l'elenco esemplificativo di cui agli artt.41 e 42 di cui al d.lgs. n.163 non costituisce, per la stazione appaltante, un vincolo diretto.

Tuttavia in relazione al richiamo ai Principi del Trattato UE, le determinazioni in materia di requisiti soggettivi di partecipazione alle gare non devono essere illogiche, arbitrarie, inutili o superflue e devono essere rispettose del "principio di proporzionalità", il quale esige che ogni requisito individuato sia al tempo stesso necessario ed adeguato rispetto agli scopi perseguiti.

Il concreto esercizio del potere discrezionale deve dunque essere funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal pubblico incanto e deve rispettare i principi del Codice dei contratti.

Nella scelta dei requisiti di partecipazione, quindi, il ricordato principio di non discriminazione impone che la stazione appaltante deve ricorrere a quelli che comportino le minori turbative per l'esercizio dell'attività economica.

In definitiva l'intero impianto dell'avviso non deve costituire dunque una violazione sostanziale dei principi di libera concorrenza, par condicio, non discriminazione trasparenza di cui all'art. 2. primo comma del d.lgs. n.163/2006 e s.m. .

Nel caso in esame l'interesse dichiarato dall'Amministrazione, concernente la necessità di una "gestione unitaria" dei predetti servizi sui diversi poli museali, appare estraneo alla richiesta di esercizio precedente di tre punti ristoro "con il medesimo marchio".

L'utilizzo del medesimo marchio o brand avrebbe infatti potuto eventualmente costituire una "clausola negoziale" dell'avviso, vale a dire un'obbligazione contrattuale per il futuro aggiudicatario del contratto di concessione, ma non poteva integrare alcun particolare ulteriore requisito rispetto al fatturato di un operatore economico che operi (o ritenga preferibile operare per propria scelta aziendale) sul mercato con "brand" differenti.

L'imporre un unico marchio per le varie gestioni è una variabile del procedimento che comporta l'impossibilità assoluta di partecipare alla gara di soggetti che il cui fatturato pure corrisponderebbe ai limiti fissati.

In sostanza la clausola è illegittima perché costituisce un'irragionevole restrizione della concorrenza, senza che a ciò corrisponda ad alcun interesse per la Stazione appaltante.

In definitiva sul punto l'avviso impugnato sul punto è illegittimo e va annullato.

 4.  Nei predetti profili, nei quali restano assorbite le restanti censure il ricorso è dunque fondato.

Per l'effetto deve essere pronunciato l'annullamento dell'avviso impugnato.

Le spese, ai sensi dell'art. 26 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, seguono la soccombenza e sono liquidate in € 2.000,00 in favore della parte ricorrente.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater)

 

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

1. accoglie il ricorso di cui in epigrafe e per l'effetto annulla il provvedimento di cui in epigrafe.

2. Condanna l'Amministrazione al pagamento delle spese processuali in € 2.000,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2010 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Scafuri, Presidente

Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore

Stefania Santoleri, Consigliere

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/10/2010

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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