mercoledì, ottobre 06, 2010

Dal Comunicato della Federazione Confsal-Unsa n. 59/10

Si riporta il notiziario n.70 del 24.6.2010 della Confsal:

 

“ EDITORIALE  DEL SEGRETARIO GENERALE

 

Ai fini informativi si riporta, di seguito, l’articolo del Segretario Generale sulla Manovra Finanziaria Correttiva 2011-2012 che costituirà l’editoriale del prossimo numero dell’organo di stampa della nostra Confederazione: “Confsal, società, cultura, lavoro”.

 

FINANZIARIA “CORRETTIVA”

Governo tra manovra obbligata

e questioni strutturali irrisolte

Servono riforme per evitare declino economico e conflittualità sociale e generazionale

 

di Marco Paolo Nigi

 

L’analisi e la valutazione dei contenuti e del metodo democratico-concertativo della Manovra finanziaria correttiva 2011-2012 ha rafforzato il fermo convincimento della Confsal che il nostro Paese è ormai obbligato a mettere in atto organiche e incisive riforme strutturali sul fronte dell’economia e della finanza come delle Istituzioni e della politica se si vuole evitare l’irreversibile declino economico e una pericolosa disgregazione e conflittualità sociale.

La Confsal sostiene da tempo che il nostro Paese non crea più le indispensabili condizioni strutturali e funzionali nei fattori di crescita economica e occupazionale e di equilibrio della finanza pubblica.

In questi ultimi anni la grande crisi globale ha evidenziato maggiormente le difficoltà legate alla competitività del sistema economico e all’aumento del debito pubblico, nonostante l’assenza di politiche espansive.

Ma le questioni della inadeguata competitività di sistema e dell’elevato debito pubblico preesistevano rispetto alla grande crisi finanziaria e alla recessione economica se è vero che l’economia era in stato di stagnazione duratura e il livello del debito pubblico non consentiva i necessari investimenti strategici e produttivi.

Pertanto, la Confsal non può condividere due postulati: il primo che le difficoltà del “sistema Italia” provengano prevalentemente da fattori esogeni e il secondo che, in costanza di crisi e/o di ripresa debole, non sia opportuno avviare la stagione delle grandi riforme strutturali, inclusa quella, a nostro parere improcrastinabile, del fisco.

Questi, purtroppo, sono i due postulati governativi che hanno portato alla configurazione della “improvvisata” manovra finanziaria–tampone del 31 maggio 2010, che, al di là della sua obbligatoria entità, delle sue inaccettabili iniquità e delle sue diffuse criticità, non potrà contribuire più di tanto a:

Ø                 sostenere la ripresa della crescita economica e occupazionale;

Ø                 riequilibrare la finanza pubblica;

Ø                 ridurre o almeno contenere il livello del debito pubblico.

Si tratta di una manovra ibrida e disorganica, nata dalla “prescrizione” dell’Unione Europea e quindi dall’improvvisazione politica connessa all’emergenza. Si tende “a fare cassa” in tempi brevi e quindi la manovra non può che essere iniqua e ingiusta.

In materia fiscale il provvedimento finanziario elude la questione centrale della riduzione del prelievo sui redditi da lavoro e da pensione e della imposizione globale sulle imprese con la previsione di compensare la conseguente minore entrata con il prelievo sui consumi voluttuari e di lusso e sulle rendite dei grandi patrimoni, nonché su quelle finanziarie e speculative. Infatti, è completamente assente il riequilibrio del prelievo su redditi e su consumi con particolare riferimento a:

Ø                 la riduzione dell’IRE e l’incremento dell’IVA, raccordandoli con una vera e autentica lotta all’evasione e all’elusione della principale imposta sui consumi.

La reintroduzione della tracciabilità dei pagamenti è senza dubbio un primo passo, ma la risoluzione della questione della evasione IVA è legata ad una previsione che non c’è nel decreto: la deducibilità, seppure parziale, dei pagamenti e quindi l’affermazione del principio della contrapposizione di interessi, secondo il modello vigente in altri grandi Paesi, come gli Stati Uniti.

Peraltro su questo fronte si renderebbero indispensabili sia la riduzione e la razionalizzazione delle partite IVA e sia un più efficace monitoraggio dei rimborsi e delle compensazioni;

Ø                 la tassazione delle rendite dei grandi patrimoni, senza escludere in casi particolari una imposta patrimoniale a bassa aliquota;

Ø                 la tassazione delle grandi rendite finanziarie e di quelle speculative, nonché delle plusvalenze.

La manovra, soprattutto, non affronta con norme sanzionatorie la vera grande questione fiscale che rimane quella della emersione dell’economia irregolare e illegale e quindi la lotta all’evasione fiscale totale.

Per altro verso il provvedimento governativo taglia, ma non riqualifica la spesa pubblica. L’intervento sui costi della politica risulta lieve, se non simbolico; quello sui costi dell’amministrazione non incide su sprechi, consulenze ed esternalizzazioni, oltre a rivelarsi disequilibrato, basti pensare alla comparazione del taglio del 50% sul costo della formazione e del taglio del 20% sul costo del noleggio e dell’autoservizio.

Ma la più evidente e grave iniquità riguarda il settore del pubblico impiego i cui tagli risultano insostenibili per i lavoratori pubblici, particolarmente per quelli della scuola, perché consistono in provvedimenti che incidono fortemente sul potere di acquisto presente e futuro delle retribuzioni e delle pensioni.

A tutto questo si aggiunge la previsione della “parità previdenziale” riguardante la donna impiegata pubblica, che calata in un incompiuto e/o precario contesto di “welfare per la famiglia” allontana di fatto la “parità di genere”. Altro che “parità effettiva”!

Infine, la nostra previsione, basata sull’esperienza storica, che l’effetto dei tagli ai trasferimenti alle Regioni e alle Autonomie Locali sarà quello della riduzione della quantità e dell’abbassamento della qualità dei servizi essenziali erogati ai cittadini e alle famiglie ci induce ad esprimere una certa preoccupazione. Ed è proprio per questo che la Confsal chiede con forza alle Istituzioni regionali e territoriali di fare scelte, in discontinuità storica, tagliando possibilmente gli sprechi di spesa ed evitando di colpire il cittadino meno abbiente e la famiglia.

La manovra correttiva dei conti pubblici italiani non si può neanche classificare di tipo “eurozona” se è vero che la Germania investe nella scuola, nella formazione e nella ricerca, la Francia privilegia le politiche industriali e in tutti i Paesi membri il peso dell’intervento è più distribuito e ci sono risorse impegnate per il sostegno allo sviluppo.

Ora, la Confsal e tutte le sue Federazioni sono impegnate a rendere la manovra “almeno meno iniqua” nel corso dell’iter parlamentare di conversione in legge del relativo decreto-legge n. 78 del 31.5.2010.

Ma, per noi della Confsal, la vera grande questione centrale rimane la concreta volontà politica di avviare immediatamente le grandi riforme strutturali, a partire da quella fiscale, affinché non succeda più che si passi in soli pochi mesi da un “discutibile” scudo fiscale alla più urgente e iniqua delle manovre, per “rastrellare” risorse nell’emergenza.

Soltanto con riforme strutturali organiche e condivise, partendo da quella del fisco, si possono dare all’Italia prospettive di legalità e sviluppo, scongiurando una conflittualità sociale e generazionale di dimensioni epocali e dagli imprevedibili sviluppi socio-politici.

In conclusione, la Confsal chiede al Parlamento esiti positivi sulle sue richieste emendative alla Manovra e al Governo l’immediata apertura del confronto sulla riforma fiscale. ( Il Segretario Generale, Prof.Marco Paolo Nigi)”

 

Il Segretario Generale

Massimo Battaglia

 

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