giovedì, gennaio 31, 2013

NOTIZIARIO ON-LINE SINDACATO CULTURA LAVORO N. 83/12 DEL MESE DI GENNAIO

ELEZIONI POLITICHE 2013

Lavoro e sviluppo per dare una seria prospettiva all'Italia e all'Europa

Dal voto deve scaturire l'autorevolezza necessaria per soddisfare le attese

 

 

Il 24 febbraio 2013 il popolo italiano sarà chiamato alle urne per esprimere una volontà politica finalizzata a governare il presente e garantire il futuro attraverso lo sviluppo dell'Italia nella prospettiva di una "nuova" Europa, in gran parte da costruire. i cittadini italiani avvertono la grande responsabilità del voto nella consapevolezza della gravità della situazione sociale, economica e finanziaria determinatasi per effetto della perdurante crisi finanziaria globale e dell'Eurozona.

La complessa vicenda parlamentare e governativa dell'ultima legislatura, caratterizzata, tra l'altro, dall'avvento a fine 2011 di un governo tecnico di emergenza richiederebbe la dovuta responsabilità da parte della politica nel presentare agli elettori programmi concreti, chiari e trasparenti, nell'ambito di una campagna elettorale tenuta nel pieno rispetto della sensibilità dei cittadini, i quali vanno incoraggiati ad esprimersi con il voto, e di tutte le parti in competizione elettorale, recuperando l'indispensabile correttezza del confronto.

Eppure, al momento, il "teatrino" della politica non sembra aver cambiato né copione, né stili relazionali del recente passato nell'uso improprio del mezzo televisivo, radiofonico e della comunicazione in generale. a questo punto si rende imperativo il rapido recupero di un reale e leale confronto incentrato sul necessario approfondimento delle questioni centrali italiane della società civile, dell'economia e della finanza, nonché del rapporto con i processi in atto orientati a costruire su solide basi la "nuova" Europa. La politica, innanzitutto, ha il compito primario di creare le condizioni affinché i giovani possano essere i veri protagonisti nel presente e nel futuro e tornino ad essere la vera forza del paese e dell'Europa. però, affinché le giovani generazioni possano collocarsi al centro di mirate politiche di prospettiva, hanno bisogno delle giuste opportunità per il loro ingresso nelle responsabilità sociali e nel mondo del lavoro. La disoccupazione dei giovani costituisce la vera emergenza in Italia, in Eurozona e in Europa e pertanto si rende indispensabile un piano pluriennale per l'occupazione.

Sul lavoro, in un'economia regolare e legale e in una pubblica amministrazione  razionalizzata ed efficiente, si può costruire la crescita economica e in parallelo il graduale risanamento della finanza pubblica e l'abbattimento del debito pubblico, a condizione che la politica si impegni concretamente sul fronte delle riforme strutturali.

il lavoro, quale primario valore sociale e fattore determinante della produzione, può trovare la sua affermazione attraverso concrete politiche che alimentino un processo di riforme organiche per centrare obiettivi essenziali quali:

• un fisco giusto;

• un'economia regolare e legale;

• un adeguato livello di investimenti pubblici strategici nei settori della istruzione e della formazione, della ricerca e dell'innovazione, dell'energia e delle infrastrutture;

• un welfare europeo;

• un effettivo riequilibrio socio-economico del territorio.

Riguardo all'Europa, la politica in italia dovrà farsi carico della realizzazione dei  progetti approvati a livello comunitario per l'economia reale, ovvero per l'industria, le infrastrutture, l'ambiente, l'energia e la ricerca, nonché della struttura del bilancio comunitario 2014-2020 con le connesse destinazioni finanziarie nei settori strategici.

Queste ed altre importanti questioni dovrebbero essere organicamente presenti nei programmi dei partiti e degli schieramenti politici ed essere sviluppate correttamente in un necessario e utile approfondimento nel confronto politico per raggiungere almeno i due primari obiettivi della partecipazione democratica:

• sventare il rischio reale di una larga astensione dal voto;

• rendere l'esercizio del diritto di voto dell'elettore il più consapevole e responsabile possibile.

infatti, l'esito di un voto largamente partecipato, consapevole e responsabile potrà dare al nuovo parlamento e al futuro governo l'indispensabile autorevolezza politica per portare a soluzione le grandi questioni sociali ed economiche del paese e assicurare all'Eurozona e all'Europa l'indispensabile contributo dell'italia secondo le legittime aspettative dei cittadini italiani ed europei.

La Confsal, quale Confederazione sindacale autonoma e soggetto generale della politica, ritiene che la valorizzazione del lavoro, la crescita economica e lo sviluppo del paese debbano tornare al centro del dibattito politico, del confronto parlamentare e soprattutto della futura azione governativa.

Marco Paolo Nigi

 

NOTIZIARIO ON-LINE SINDACATO CULTURA LAVORO N. 83/12 DEL MESE DI GENNAIO

Ponte, un miliardo buttato

 

Quasi 500 milioni per i contratti non rispettati. Più i soldi per i terreni su cui doveva essere costruito, per i monitoraggi, per gli stipendi e le consulenze. Ecco l'incredibile conto della grande opera (mancata) sullo Stretto. Messina che aspetta chi le paghi la passeggiata a mare nuova di zecca. Il neo governatore siciliano Rosario Crocetta che promette l'alta velocità ferroviaria fino a Palermo. I NoPonte che si scaldano per una manifestazione a metà febbraio. Gli ambientalisti in ansia per l'ombra proiettata nello stretto sui delfini e per il transito degli uccelli. Quelli che vedono nell'opera un grande sacco per mafie e cosche. I 50 e più esperti internazionali - ingegneri, architetti, tecnici di gallerie del vento e di fondazioni , di aerodinamica e di geologia - che hanno lavorato dieci anni al progetto della campata unica da record mondiale, più di tre chilometri di lunghezza. Si rendono conto, tutti coloro che a vario titolo hanno prosperato o buttato sangue sul progetto Ponte, che tra un po' saranno disoccupati, che dovranno cambiare obiettivi e agenda delle priorità? E gli italiani tutti, mentre inizia una campagna elettorale che vuol essere nuova di zecca ma che tiene la bocca chiusa sulla sorte dell'unica grande opera del Sud, lo sanno che c'è una tassa da un miliardo che il governo che uscirà dalle urne a fine febbraio finirà per farci pagare? Non la chiamerà forse la tassa del Ponte, ma a tanto ammonta il conto finale per fermare una volta per tutte la macchina che ha portato avanti il progetto, e mandarla a rottamare. Il primo marzo scade l'out out del governo Monti per trovare una nuova intesa tra il general contractor Eurolink e la Stretto di Messina, società concessionaria dell'opera, alle condizioni imposte dalle legge. Unica via d'uscita che scongiurerebbe la fermata definitiva. Ma l'aria che tira non promette niente di buono: anche perché Eurolink, dove al 42 per cento conta la società Impregilo da poco conquistata dalla famiglia Salini, interessata dunque a un pronto rientro di capitali, ha già portato il governo italiano di fronte alla Corte di giustizia europea e di fronte al Tar per violazione dei vigenti impegni contrattuali. E si appresta a batter cassa con una salatissima richiesta di penali per 450 milioni. Che non sono solo una bella cifra, ma soprattutto superano il guadagno che l'impresa avrebbe realizzato facendo il Ponte. A portata di mano senza piantare neanche un chiodo. L'impresa di costruzioni non è l'unica a sperare nel colpo grosso chiamando la società Stretto di Messina - e lo Stato di cui è emanazione - di fronte ai tribunali per non avere rispettato i tempi di approvazione del progetto. Perché le pretese che scatterebbero all'indomani del requiem del Ponte sono parecchie. Quando hanno visto i conti, e tirato le somme per chiudere la partita, al ministero dell'Economia hanno capito che si trovavano di fronte a un trappolone. Ci sono da pagare i proprietari dei terreni che sono stati vincolati per dieci anni alla costruzione del Ponte, più o meno mille soggetti che chiederanno i danni per essere stati bloccati inutilmente; ci sono i 300 milioni investiti nel capitale della società Stretto da Anas, Rfi, Regione Siciliana e Calabria, che di fatto diventano carta straccia, senza contare la trentina di milioni spesi per il monitoraggio ambientale dell'area che non serve più. Insomma, un miliardo o giù di lì a carico della collettività. Metterci il timbro del governo dei tecnici? Bella medaglia al valore. Usare la spada e prendersi la responsabilità di recidere una volta per tutte il sogno del Ponte? Sai che gazzarra. Meglio spazzarlo sotto il tappeto, come ha fatto il governo Prodi in passato, tre anni di blocco costati sui 700 milioni quando sono stati riavviati i motori con il successivo governo Berlusconi.

Così, tra Salomone e Don Abbondio, Monti ha scelto i panni del secondo: uno il coraggio non se lo può dare. E ha congelato tutta la partita d'imperio, contratti, rivalutazioni e indennizzi compresi - con un decreto che alimenterà le parcelle di parecchi studi legali ?€" imponendo un'intesa tra le parti entro il primo marzo. In caso contrario, riconoscerà al costruttore solo una mancetta di una decina di milioni (salvo avere accantonato per la bisogna una somma di 300 milioni nella legge di stabilità). Viceversa, per allettare l'impresa ad accordarsi, le prospetta altri due anni di purgatorio - a prezzi del lavoro invariati - in attesa che qualche privato sia disposto a puntare i suoi soldi sul Ponte.

Prospettiva che per un costruttore sano di mente è un bell'azzardo, visto che finora di privati disposti a integrare il 40 per cento messo dal governo non se ne sono visti, e che adesso persino quel 40 si è dissolto, dopo che proprio Monti a inizio 2012 ha definitivamente cancellato i 2,1 miliardi destinati al Ponte e il suo ministro Corrado Passera ha dichiarato all'Europa (disponibile a finanziare opere importanti) che il collegamento stabile tra Calabria e Sicilia non è una priorità. Pensare che la ultra decennale storia del Ponte sullo Stretto – così piena di false partenze e pavidità politiche - possa finire con una soluzione win-win, pari e patta, tutti contenti e nessun perdente, è d'altra parte un'illusione. In tutta la faccenda il governo, ciascun governo a suo turno, si è comportato come un socio di controllo inadempiente, emanando leggi che poi non ha rispettato, promettendo risorse e poi togliendole, e facendo salire a mille sia lo spread sulla credibilità del progetto sia lo spreco di denaro. Che dire, per esempio, della burocrazia del ministero dell'Ambiente, che in 15 mesi non è riuscita a dare un parere che doveva dare in tre (ogni mese di ritardo costa 15 milioni di euro)? E anche pensare, come ha fatto il governo Monti, che basti decidere per legge di non fare il ponte perché questo si traduca in uno scioglimento dei contratti, è altrettanto irrealistico. Più facile che sia una strada irta di ricorsi nei tribunali, come temono gli uomini dell'Authority di vigilanza sui contratti pubblici, che hanno iniziato un'istruttoria sugli impegni contrattuali presi dalla Stretto di Messina. Contratti che negli anni hanno portato via via l'investimento sull'opera dai 6,3 miliardi del 2003 agli 8,5 di oggi, anche a seguito delle varianti richieste dagli enti locali e approvate dal governo e del tempo trascorso. Un esempio: quando Berlusconi ha riavviato nel 2008 il progetto, la Stretto di Messina, guidata da Pietro Ciucci, ha rinnovato il contratto con Eurolink concedendogli condizioni nettamente più vantaggiose, a partire dal metodo di indicizzazione, non più quello del costo della vita, ma quello più accelerato delle costruzioni. Oggi c'è solo un uomo che spera ancora, Ciucci appunto.

Amministratore delegato della Stretto di Messina e amministratore unico del suo azionista di maggioranza, cioè l'Anas, unisce a questo ruolo di controllore controllato una tenuta da maratoneta nelle articolazioni dello Stato imprenditore, essendo nato e cresciuto nell'Iri. Si dice sia stato lui a suggerire al governo il dispositivo del decreto (ma lui si schermisce), che ha nell'immediato il pregio di lasciargli il boccino in mano. Per fare cosa? «Il decreto ci dà ancora il tempo per cercare i finanziamenti», scandisce Ciucci: «Di fronte a una situazione straordinaria, ferma l'orologio del contratto, ma dice che l'opera il governo la vuole fare. E ora possiamo andare a cercare i denari sul mercato». E delle penali richieste dal costruttore, non è preoccupato? «E' vero che il contratto prevede una penale massima per il general contractor sui 400-500 milioni», precisa, «solo nel caso in cui la stazione appaltante cancelli il contratto senza motivo. La penale può arrivare a zero se si dimostra invece che non ci sono le condizioni finanziarie per la sua realizzazione». Strano paradosso: per continuare a vivere, la società dello Stretto deve cercare un finanziatore privato; per minimizzare i danni legali, deve dimostrare che quel finanziatore non c'è neanche sulla luna. Delle due strade, Ciucci dice di voler imboccare la prima. «Il governo ci dà un nuovo strumento per cercare i finanziatori: il project bond», afferma: in pratica, la possibilità per la Stretto di Messina di emettere obbligazioni che sono di fatto parificate ai Bot.

Hanno un prelievo fiscale ridotto, perché su di loro grava l'aliquota leggera del 12,50 per cento, e godono di garanzia pubblica, che potrebbe essere data dalla Cassa Depositi e Prestiti.

Questi due requisiti potrebbero rendere i bond appetibili per i grandi fondi infrastrutturali, e quindi ridurrebbero la quota a carico delle casse dello Stato, promette Ciucci.

E magari potrebbero rifarsi vivi quei cinesi che già una volta si sono fatti avanti per il Ponte. Singolare ottimismo.

Mentre per tutti si avvicina la tassa miliardaria.

Paola Pilati

 

NOTIZIARIO ON-LINE SINDACATO CULTURA LAVORO N. 83/12 DEL MESE DI GENNAIO

Cinque priorità e dieci obiettivi per guardare al futuro

I promotori e i firmatari del presente appello chiedono a chi si candida a governare l'Italia impegni programmatici per il rilancio della cultura intesa come promozione della produzione creativa e della fruizione culturale, tutela e valorizzazione del patrimonio, sostegno all'istruzione, all'educazione permanente, alla ricerca scientifica, centralità della conoscenza, valorizzazione delle capacità e delle competenze.

La crisi economica e la conseguente riduzione dei finanziamenti stanno mettendo a dura prova l'esistenza di molte istituzioni culturali, con gravi conseguenze sui servizi resi ai cittadini, sulle condizioni di lavoro e sul futuro di molti giovani specificamente preparati ma senza possibilità di riconoscimento professionale.

Questa situazione congiunturale è aggravata dalla crisi di consenso che colpisce la cultura, che una parte notevole della classe dirigente – pur dichiarando il contrario – di fatto considera un orpello inattuale, non elemento essenziale di una coscienza civica fondata sui valori della partecipazione informata, dell'approfondimento, del pensiero critico. Noi rifiutiamo l'idea che la cultura sia un costo improduttivo da tagliare in nome di un malinteso concetto di risparmio.

Al contrario, crediamo fermamente che il futuro dell'Italia dipenda dalla centralità accordata all'investimento culturale, da concretizzare attraverso strategie di ampio respiro accompagnate da interventi di modernizzazione e semplificazione burocratica.

La nostra identità nazionale si fonda indissolubilmente su un'eredità culturale unica al mondo, che non appartiene a un passato da celebrare ma è un elemento essenziale per vivere il presente e preparare un futuro di prosperità economica e sociale, fondato sulla capacità di produrre nuova conoscenza e innovazione più che sullo sfruttamento del turismo culturale.

Ripartire dalla cultura significa creare le condizioni per una reale sussidiarietà fra stato e autonomie locali, fra settore pubblico e terzo settore, fra investimento pubblico e intervento privato.

Guardare al futuro significa credere nel valore pubblico della cultura, nella sua capacità di produrre senso e comprensione del presente per l'avvio di un radicale disegno di modernizzazione del nostro Paese.

Per queste ragioni chiediamo che l'azione del Governo e del Parlamento nella prossima legislatura, quale che sia la maggioranza decisa dagli elettori, si orienti all'attuazione delle seguenti priorità.

Puntare sulla centralità delle competenze

Promuovere e riconoscere il lavoro giovanile nella cultura

Investire sugli istituti culturali, sulla creatività e sull'innovazione

Modernizzare la gestione dei beni culturali

Avviare politiche fiscali a sostegno dell'attività culturale

I promotori e i firmatari del presente appello chiedono di accogliere nei programmi elettorali queste priorità e di sottoscrivere i dieci obiettivi seguenti, che dovranno caratterizzare il lavoro del prossimo Parlamento e l'azione del prossimo Governo.

Il nostro sostegno, durante e dopo la campagna elettorale, dipenderà dall'adesione ad essi e dalla loro realizzazione.

Riportare i finanziamenti per le attività e per gli istituti culturali, per il sistema dell'educazione e della ricerca ai livelli della media comunitaria in rapporto al PIL.

Dare vita a una strategia nazionale per la lettura che valorizzi il ruolo della produzione editoriale di qualità, della scuola, delle biblioteche, delle librerie indipendenti, sviluppando azioni specifiche per ridurre il divario fra nord e sud d'Italia.

3. incrementare i processi di valutazione della qualità della ricerca e della didattica in ogni ordine scolastico, riconoscendo il merito e sanzionando l'incompetenza, l'inefficienza e le pratiche clientelari.

4. Promuovere sgravi fiscali per le assunzioni di giovani laureati in ambito culturale e creare un sistema di accreditamento e di qualificazione professionale che eviti l'immissione nei ruoli di personale non in possesso di specifici requisiti di competenza.

Salvaguardare la competenza scientifica nei diversi ambiti di intervento, garantendo organici adeguati allo svolgimento delle attività delle istituzioni culturali, come nei paesi europei più avanzati.

5. Promuovere la creazione di istituzioni culturali permanenti anche nelle aree del paese che ne sono prive – in particolare nelle regioni meridionali, dove permane un grave svantaggio di opportunità – attraverso programmi strutturali di finanziamento che mettano pienamente a frutto le risorse comunitarie; incentivare formule innovative per la loro gestione attraverso il sostegno all'imprenditoria giovanile.

6. Realizzare la cooperazione, favorire il coordinamento funzionale e la progettualità integrata fra livelli istituzionali che hanno giurisdizione sui beni culturali, riportando le attività culturali fra le funzioni fondamentali dei Comuni e inserendo fra le funzioni proprie delle Province la competenza sulle reti culturali di area vasta.

7. Ripensare le funzioni del MiBAC individuando quelle realmente "nazionali", cioè indispensabili al funzionamento del complesso sistema della produzione, della tutela e della valorizzazione dei beni culturali, per concentrare su di esse le risorse disponibili. Riorganizzare e snellire la struttura burocratica del ministero, rafforzando le funzioni di indirizzo scientifico-metodologico e gli organi di tutela e conservazione, garantendone l'efficienza, l'efficacia e una più razionale distribuzione territoriale.

Inserire la digitalizzazione del patrimonio culturale fra gli obiettivi dell'agenda digitale italiana e promuovere la diffusione del patrimonio culturale in rete e l'accesso libero dei risultati della ricerca finanziata con risorse pubbliche.

Potenziare l'insegnamento delle discipline artistiche e musicali nei programmi di studio della scuola primaria e secondaria e sviluppare un sistema nazionale di orchestre giovanili.

Prevedere una fiscalità di vantaggio, compreso forme di tax credit, per l'investimento privato e per l'attività del volontariato organizzato e del settore non profit a sostegno della cultura, con norme di particolare favore per il sostegno al funzionamento ordinario degli istituti culturali. Sostenere la fruizione culturale attraverso la detraibilità delle spese per alcuni consumi (acquisto di libri, visite a musei e partecipazione a concerti, corsi di avviamento alla pratica artistica); uniformare l'aliquota IVA sui libri elettronici a quella per l'editoria libraria (4%); prevedere forme di tutela e di sostegno per le librerie indipendenti.

Politiche fiscali a sostegno dell'attività culturale

Occorre una riforma fiscale che incentivi le donazioni liberali rendendo più conveniente il sostegno alle attività culturali e alla ricerca scientifica, senza tetti finanziari e vincoli burocratici irragionevoli.

E' necessario sostenere i consumi culturali e per l'istruzione individuale, rendendo detraibili le spese per l'acquisto di libri, per la frequentazione di musei, teatri, concerti e per la frequenza dei ragazzi a scuole di avviamento alla pratica artistica e musicale, come avviene per le attività sportive. E' necessario che le attività culturali tornino ad essere comprese fra le funzioni fondamentali dei Comuni e che le Province conservino competenza almeno sulle reti culturali di area vasta. Il recupero di risorse derivante dalla riduzione o dall'azzeramento dei finanziamenti improduttivi e degli sprechi nella pubblica amministrazione e il maggior gettito derivante dalla lotta all'evasione fiscale possono essere utilmente indirizzati al sostegno della cultura.

Modernizzare la gestione dei beni culturali

E' necessario procedere a una profonda riorganizzazione del comparto culturale, a partire dai rapporti e dagli ambiti di cooperazione fra diversi livelli istituzionali e fra settore pubblico, non profit e imprese.

La tutela dei beni culturali deve essere attiva, non interpretata come mera conservazione; specularmente, la valorizzazione deve sottrarsi a un approccio meramente economicistico, teso a colmare il differenziale di risorse creato dalla ritirata dello Stato. Il concetto medesimo di "bene culturale" deve essere rivisitato, per sottrarlo a una dimensione puramente patrimoniale che ne svilisce le potenzialità. Si pensi, ad esempio, ai musei, che alle funzioni di studio, conservazione ed esposizione delle collezioni a fini educativi e ricreativi affiancano nuove funzioni di mediazione e produzione culturale, di sostegno alla coesione sociale e al dialogo interculturale; o alle biblioteche, dove la funzione di conservazione tipica delle biblioteche storiche è solo una componente di una missione più ampia, incarnata dalle biblioteche di ricerca e da quelle degli enti locali, votate alla mediazione informativa e all'accesso alla conoscenza.

Investire sugli istituti culturali, sulla creatività e sull'innovazione

In Italia si contano migliaia di eventi culturali di vario genere: festival, rassegne, premi letterari, concorsi, che in molti casi non conducono a una migliore cognizione del patrimonio culturale e dei repertori artistici né producono valore economico, ma disperdono risorse. Il prossimo governo è chiamato a fare scelte precise, rinunciando alla logica perversa dei tagli lineari per individuare i settori verso cui orientare con priorità gli investimenti. Serve maggiore impegno per sostenere la ricerca orientata all'innovazione; serve attribuire maggiore importanza alla creatività in campo artistico come specchio di una più generale attitudine della società e del sistema produttivo italiano all'innovazione; serve certezza di risorse per garantire il funzionamento dell'infrastruttura nazionale della conoscenza rappresentata da biblioteche, archivi, musei, teatri, orchestre, parchi scientifici e culturali, istituti di ricerca e di alta formazione da sostenere attraverso meccanismi di verifica dei risultati. Promuovere e riconoscere il lavoro giovanile nella cultura. La disoccupazione giovanile colpisce con particolare virulenza coloro che hanno scelto il settore culturale come campo d'attività professionale. La riduzione delle risorse pubbliche e private e il blocco delle assunzioni hanno drasticamente ridotto la possibilità di uno sbocco lavorativo in questo ambito, benché ancora in anni recenti si siano moltiplicati in modo incontrollato corsi di laurea, scuole di specializzazione e dottorati; il risultato è che si continuano a spendere cifre esorbitanti per formare giovani professionisti dei beni culturali, salvo condannarli a un eterno stato di precarietà e di continuo turn-over, con inevitabile degrado della qualità dei servizi resi ai cittadini. Occorre che al rinnovato impegno dei professionisti della cultura corrisponda un impegno della politica per la difesa e la valorizzazione del capitale umano, per il ricambio generazionale e il rinnovamento dei ruoli direttivi, scientifici e tecnici. Senza personale altamente qualificato e adeguatamente riconosciuto le istituzioni e le aziende culturali muoiono. Puntare sulla centralità delle competenze. L'Italia ha bisogno di cittadini più istruiti e competenti. Questo obiettivo può essere raggiunto soltanto attribuendo allo studio, all'istruzione e alla cultura un rinnovato prestigio sociale, derivante dall'effettiva corrispondenza fra livello di istruzione raggiunto e riconoscimento di status sociale e professionale. La tensione verso un alto livello culturale deve diventare l'obiettivo in cui ogni italiano si riconosce, perché a elevate competenze corrisponde una maggiore probabilità di realizzazione personale. Serve un'inversione di tendenza, perché il nostro paese spende per l'istruzione pubblica e privata una percentuale del PIL sensibilmente inferiore rispetto agli altri paesi OCSE. La percentuale di diplomati e laureati italiani è inferiore a quella di tutti i paesi europei e le competenze linguistiche, matematiche e di lettura degli studenti italiani, rilevate periodicamente attraverso indagini internazionali, non sono all'altezza di quelle dei coetanei stranieri. Il valore della formazione permanente, utile a rinnovare le competenze lungo tutto l'arco dell'esistenza, non è oggetto di politiche pubbliche. E' indispensabile che l'Italia impari a riconoscere e premiare il merito, coniugandolo all'effettiva equità nelle condizioni di accesso all'istruzione e alla cultura. Seguono Firme

giovedì, gennaio 10, 2013

CONVENZIONE TRA CONFSAL-UNSA BENI CULTURALI E LA SAN PAOLO STORE

CONVENZIONE TRA CONFSAL-UNSA BENI CULTURALI E LA SAN PAOLO STORE
 

Carissimi,

è con vivo piacere che vi comunico la nuova iniziativa della CONF.SAL-UNSA Coordinamento Nazionale Beni Culturali.

E' stata infatti stipulata una convenzione riservata ai nostri iscritti, con la San Paolo Store ( http://www.sanpaolostore.it ) che consente uno sconto del 15% su tutti i settori (libri, video, musica oggettistica tranne gli Ebook che sono esclusi).

Per poter usufruire degli sconti, sarà necessario effettuare la procedura di registrazione (a destra nella home page)e, dopo aver scelto i prodotti da acquistare inserire un codice segreto, riservato agli iscritti della CONF.SAL-UNSA Coordinamento Nazionale Beni Culturali.

Per conoscere tale codice potrete contattarci telefonicamente o via e-mail.

Vi ricordo che il codice è strettamente personale e non cedibile.

Sempre per quanto riguarda gli sconti, essi valgono per i prodotti non in promozione. In caso di prodotti già scontati verrà applicato lo sconto più conveniente.

La Società San Paolo è una Congregazione Religiosa nata ad Alba nel 1914 e approvata definitivamente dalla Santa Sede il 27 giugno 1949. Fedele alla missione affidatale dal fondatore, il beato don Giacomo Alberione, si impegna a «portare Cristo oggi con i mezzi di comunicazione di oggi», a diffondere la Parola utilizzando i media che la modernità mette a disposizione, ovunque sia possibile e a chiunque voglia porsi in ascolto.  Come le epistole di San Paolo, i mezzi di comunicazione giocano un ruolo fondamentale nel processo di evangelizzazione, non sono, cioè, un semplice supporto, ma «una forma originale di autentica predicazione», capace di parlare e raggiungere «le masse lontane dalla parrocchia».

Presente in trentadue nazioni, la Società San Paolo fa parte della Famiglia Paolina, al pari di quattro Congregazioni (le Figlie di San Paolo, le Suore Pie Discepole del Divin Maestro, le Suore di Gesù Buon Pastore, l'Istituto Regina degli Apostoli per le vocazioni), quattro Istituti di Vita Secolare Consacrata (San Gabriele Arcangelo, Gesù Sacerdote, Maria Santissima Annunziata, Santa Famiglia) e dell'Associazione dei Cooperatori Paolini, e indirizza la propria attività in molteplici settori: Periodici San Paolo si occupa della stampa periodica, Edizioni San Paolo della produzione libraria, Diffusione San Paolo della distribuzione dei prodotti, Multimedia San Paolo dei materiali audiovisivi e televisivi ed Editrice Saie della vendita di grandi opere per la famiglia.

Poiché si rivolge all'uomo nella sua totalità, Sanpaolostore.it  sviluppa una proposta ampia e articolata, che si compone di quattro aree merceologiche (libri, video, musica, oggettistica).

Al di là degli aspetti specificamente commerciali, e in linea con la missione paolina, Sanpaolostore.it si caratterizza per un'accurata e ricca attività redazionale: non vuole essere solo un "negozio virtuale" ma anche uno spazio di dialogo, confronto e riflessione.

Nella speranza che anche questa nuova iniziativa risulti a voi gradita, colgo l'occasione per inviare cordiali saluti unitamente ad un rinnovato augurio per il nuovo anno che è appena iniziato.

 

IL SEGRETARIO NAZIONALE

(Dott. Giuseppe Urbino)