giovedì, gennaio 31, 2013

NOTIZIARIO ON-LINE SINDACATO CULTURA LAVORO N. 83/12 DEL MESE DI GENNAIO

Cinque priorità e dieci obiettivi per guardare al futuro

I promotori e i firmatari del presente appello chiedono a chi si candida a governare l'Italia impegni programmatici per il rilancio della cultura intesa come promozione della produzione creativa e della fruizione culturale, tutela e valorizzazione del patrimonio, sostegno all'istruzione, all'educazione permanente, alla ricerca scientifica, centralità della conoscenza, valorizzazione delle capacità e delle competenze.

La crisi economica e la conseguente riduzione dei finanziamenti stanno mettendo a dura prova l'esistenza di molte istituzioni culturali, con gravi conseguenze sui servizi resi ai cittadini, sulle condizioni di lavoro e sul futuro di molti giovani specificamente preparati ma senza possibilità di riconoscimento professionale.

Questa situazione congiunturale è aggravata dalla crisi di consenso che colpisce la cultura, che una parte notevole della classe dirigente – pur dichiarando il contrario – di fatto considera un orpello inattuale, non elemento essenziale di una coscienza civica fondata sui valori della partecipazione informata, dell'approfondimento, del pensiero critico. Noi rifiutiamo l'idea che la cultura sia un costo improduttivo da tagliare in nome di un malinteso concetto di risparmio.

Al contrario, crediamo fermamente che il futuro dell'Italia dipenda dalla centralità accordata all'investimento culturale, da concretizzare attraverso strategie di ampio respiro accompagnate da interventi di modernizzazione e semplificazione burocratica.

La nostra identità nazionale si fonda indissolubilmente su un'eredità culturale unica al mondo, che non appartiene a un passato da celebrare ma è un elemento essenziale per vivere il presente e preparare un futuro di prosperità economica e sociale, fondato sulla capacità di produrre nuova conoscenza e innovazione più che sullo sfruttamento del turismo culturale.

Ripartire dalla cultura significa creare le condizioni per una reale sussidiarietà fra stato e autonomie locali, fra settore pubblico e terzo settore, fra investimento pubblico e intervento privato.

Guardare al futuro significa credere nel valore pubblico della cultura, nella sua capacità di produrre senso e comprensione del presente per l'avvio di un radicale disegno di modernizzazione del nostro Paese.

Per queste ragioni chiediamo che l'azione del Governo e del Parlamento nella prossima legislatura, quale che sia la maggioranza decisa dagli elettori, si orienti all'attuazione delle seguenti priorità.

Puntare sulla centralità delle competenze

Promuovere e riconoscere il lavoro giovanile nella cultura

Investire sugli istituti culturali, sulla creatività e sull'innovazione

Modernizzare la gestione dei beni culturali

Avviare politiche fiscali a sostegno dell'attività culturale

I promotori e i firmatari del presente appello chiedono di accogliere nei programmi elettorali queste priorità e di sottoscrivere i dieci obiettivi seguenti, che dovranno caratterizzare il lavoro del prossimo Parlamento e l'azione del prossimo Governo.

Il nostro sostegno, durante e dopo la campagna elettorale, dipenderà dall'adesione ad essi e dalla loro realizzazione.

Riportare i finanziamenti per le attività e per gli istituti culturali, per il sistema dell'educazione e della ricerca ai livelli della media comunitaria in rapporto al PIL.

Dare vita a una strategia nazionale per la lettura che valorizzi il ruolo della produzione editoriale di qualità, della scuola, delle biblioteche, delle librerie indipendenti, sviluppando azioni specifiche per ridurre il divario fra nord e sud d'Italia.

3. incrementare i processi di valutazione della qualità della ricerca e della didattica in ogni ordine scolastico, riconoscendo il merito e sanzionando l'incompetenza, l'inefficienza e le pratiche clientelari.

4. Promuovere sgravi fiscali per le assunzioni di giovani laureati in ambito culturale e creare un sistema di accreditamento e di qualificazione professionale che eviti l'immissione nei ruoli di personale non in possesso di specifici requisiti di competenza.

Salvaguardare la competenza scientifica nei diversi ambiti di intervento, garantendo organici adeguati allo svolgimento delle attività delle istituzioni culturali, come nei paesi europei più avanzati.

5. Promuovere la creazione di istituzioni culturali permanenti anche nelle aree del paese che ne sono prive – in particolare nelle regioni meridionali, dove permane un grave svantaggio di opportunità – attraverso programmi strutturali di finanziamento che mettano pienamente a frutto le risorse comunitarie; incentivare formule innovative per la loro gestione attraverso il sostegno all'imprenditoria giovanile.

6. Realizzare la cooperazione, favorire il coordinamento funzionale e la progettualità integrata fra livelli istituzionali che hanno giurisdizione sui beni culturali, riportando le attività culturali fra le funzioni fondamentali dei Comuni e inserendo fra le funzioni proprie delle Province la competenza sulle reti culturali di area vasta.

7. Ripensare le funzioni del MiBAC individuando quelle realmente "nazionali", cioè indispensabili al funzionamento del complesso sistema della produzione, della tutela e della valorizzazione dei beni culturali, per concentrare su di esse le risorse disponibili. Riorganizzare e snellire la struttura burocratica del ministero, rafforzando le funzioni di indirizzo scientifico-metodologico e gli organi di tutela e conservazione, garantendone l'efficienza, l'efficacia e una più razionale distribuzione territoriale.

Inserire la digitalizzazione del patrimonio culturale fra gli obiettivi dell'agenda digitale italiana e promuovere la diffusione del patrimonio culturale in rete e l'accesso libero dei risultati della ricerca finanziata con risorse pubbliche.

Potenziare l'insegnamento delle discipline artistiche e musicali nei programmi di studio della scuola primaria e secondaria e sviluppare un sistema nazionale di orchestre giovanili.

Prevedere una fiscalità di vantaggio, compreso forme di tax credit, per l'investimento privato e per l'attività del volontariato organizzato e del settore non profit a sostegno della cultura, con norme di particolare favore per il sostegno al funzionamento ordinario degli istituti culturali. Sostenere la fruizione culturale attraverso la detraibilità delle spese per alcuni consumi (acquisto di libri, visite a musei e partecipazione a concerti, corsi di avviamento alla pratica artistica); uniformare l'aliquota IVA sui libri elettronici a quella per l'editoria libraria (4%); prevedere forme di tutela e di sostegno per le librerie indipendenti.

Politiche fiscali a sostegno dell'attività culturale

Occorre una riforma fiscale che incentivi le donazioni liberali rendendo più conveniente il sostegno alle attività culturali e alla ricerca scientifica, senza tetti finanziari e vincoli burocratici irragionevoli.

E' necessario sostenere i consumi culturali e per l'istruzione individuale, rendendo detraibili le spese per l'acquisto di libri, per la frequentazione di musei, teatri, concerti e per la frequenza dei ragazzi a scuole di avviamento alla pratica artistica e musicale, come avviene per le attività sportive. E' necessario che le attività culturali tornino ad essere comprese fra le funzioni fondamentali dei Comuni e che le Province conservino competenza almeno sulle reti culturali di area vasta. Il recupero di risorse derivante dalla riduzione o dall'azzeramento dei finanziamenti improduttivi e degli sprechi nella pubblica amministrazione e il maggior gettito derivante dalla lotta all'evasione fiscale possono essere utilmente indirizzati al sostegno della cultura.

Modernizzare la gestione dei beni culturali

E' necessario procedere a una profonda riorganizzazione del comparto culturale, a partire dai rapporti e dagli ambiti di cooperazione fra diversi livelli istituzionali e fra settore pubblico, non profit e imprese.

La tutela dei beni culturali deve essere attiva, non interpretata come mera conservazione; specularmente, la valorizzazione deve sottrarsi a un approccio meramente economicistico, teso a colmare il differenziale di risorse creato dalla ritirata dello Stato. Il concetto medesimo di "bene culturale" deve essere rivisitato, per sottrarlo a una dimensione puramente patrimoniale che ne svilisce le potenzialità. Si pensi, ad esempio, ai musei, che alle funzioni di studio, conservazione ed esposizione delle collezioni a fini educativi e ricreativi affiancano nuove funzioni di mediazione e produzione culturale, di sostegno alla coesione sociale e al dialogo interculturale; o alle biblioteche, dove la funzione di conservazione tipica delle biblioteche storiche è solo una componente di una missione più ampia, incarnata dalle biblioteche di ricerca e da quelle degli enti locali, votate alla mediazione informativa e all'accesso alla conoscenza.

Investire sugli istituti culturali, sulla creatività e sull'innovazione

In Italia si contano migliaia di eventi culturali di vario genere: festival, rassegne, premi letterari, concorsi, che in molti casi non conducono a una migliore cognizione del patrimonio culturale e dei repertori artistici né producono valore economico, ma disperdono risorse. Il prossimo governo è chiamato a fare scelte precise, rinunciando alla logica perversa dei tagli lineari per individuare i settori verso cui orientare con priorità gli investimenti. Serve maggiore impegno per sostenere la ricerca orientata all'innovazione; serve attribuire maggiore importanza alla creatività in campo artistico come specchio di una più generale attitudine della società e del sistema produttivo italiano all'innovazione; serve certezza di risorse per garantire il funzionamento dell'infrastruttura nazionale della conoscenza rappresentata da biblioteche, archivi, musei, teatri, orchestre, parchi scientifici e culturali, istituti di ricerca e di alta formazione da sostenere attraverso meccanismi di verifica dei risultati. Promuovere e riconoscere il lavoro giovanile nella cultura. La disoccupazione giovanile colpisce con particolare virulenza coloro che hanno scelto il settore culturale come campo d'attività professionale. La riduzione delle risorse pubbliche e private e il blocco delle assunzioni hanno drasticamente ridotto la possibilità di uno sbocco lavorativo in questo ambito, benché ancora in anni recenti si siano moltiplicati in modo incontrollato corsi di laurea, scuole di specializzazione e dottorati; il risultato è che si continuano a spendere cifre esorbitanti per formare giovani professionisti dei beni culturali, salvo condannarli a un eterno stato di precarietà e di continuo turn-over, con inevitabile degrado della qualità dei servizi resi ai cittadini. Occorre che al rinnovato impegno dei professionisti della cultura corrisponda un impegno della politica per la difesa e la valorizzazione del capitale umano, per il ricambio generazionale e il rinnovamento dei ruoli direttivi, scientifici e tecnici. Senza personale altamente qualificato e adeguatamente riconosciuto le istituzioni e le aziende culturali muoiono. Puntare sulla centralità delle competenze. L'Italia ha bisogno di cittadini più istruiti e competenti. Questo obiettivo può essere raggiunto soltanto attribuendo allo studio, all'istruzione e alla cultura un rinnovato prestigio sociale, derivante dall'effettiva corrispondenza fra livello di istruzione raggiunto e riconoscimento di status sociale e professionale. La tensione verso un alto livello culturale deve diventare l'obiettivo in cui ogni italiano si riconosce, perché a elevate competenze corrisponde una maggiore probabilità di realizzazione personale. Serve un'inversione di tendenza, perché il nostro paese spende per l'istruzione pubblica e privata una percentuale del PIL sensibilmente inferiore rispetto agli altri paesi OCSE. La percentuale di diplomati e laureati italiani è inferiore a quella di tutti i paesi europei e le competenze linguistiche, matematiche e di lettura degli studenti italiani, rilevate periodicamente attraverso indagini internazionali, non sono all'altezza di quelle dei coetanei stranieri. Il valore della formazione permanente, utile a rinnovare le competenze lungo tutto l'arco dell'esistenza, non è oggetto di politiche pubbliche. E' indispensabile che l'Italia impari a riconoscere e premiare il merito, coniugandolo all'effettiva equità nelle condizioni di accesso all'istruzione e alla cultura. Seguono Firme

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