lunedì, novembre 26, 2012

NOTIZIARIO ON-LINE SINDACATO CULTURA LAVORO N. 81/2012 DEL MESE DI NOVEMBRE

NUOVE FORME DI GOVERNO?

il crepuscolo della democrazia La realtà di oggi tra partiti estinti e governo degli ottimati

 

Il sistema democratico può essere "messo in sonno" secondo opportunismi e convenienze? E può essere risvegliato a comando? a giudicare da quanto è successo in italia, parrebbe di . in presenza di una crisi economico-finanziaria priva di precedenti, la nostra classe politica, già ampiamente priva di credibilità, ha compiuto un atto incredibile dichiarando di non essere in grado di gestire la situazione e confessando di fatto di esistere solo per la gestione del "potere" e per coltivare interessi di parte se non addirittura personali. Un atteggiamento di grave e di inammissibile impotenza, soprattutto quando si consideri che negli Stati che condividono condizione analoga se non peggiore della nostra, grecia, Spagna, portogallo, irlanda, la classe politica mai ha abdicato alle proprie prerogative anzi si è sottoposta, in una normale logica di democrazia, al giudizio degli elettori.

invece nel nostro paese la dichiarazione di impotenza accompagnata dall'indisponibilità a percorrere l'unica strada costituzionalmente corretta, ha creato le condizioni perché si formasse una sorta di governo degli "Ottimati".

Lo stesso presidente della Repubblica, evidentemente anch'egli convinto dell'assenza di una qualsiasi soluzione parlamentare, si è speso in questa direzione assumendosene coraggiosamente la responsabilità politica.

Tuttavia, a più di nove mesi dal suo insediamento siamo ancora in attesa dei risultati promessi: lo spread, che fu il segnale più evidente della crisi, viaggia sempre sugli stessi livelli senonchè ora sembra appassionare sempre meno i commentatori nostrani, il debito pubblico addirittura aumenta avvicinandosi all'emblematica cifra di 2 milioni di miliardi, le aziende chiudono e il problema della disoccupazione sta diventando una vera emergenza sociale, la ricchezza nazionale è in veloce decremento e, cosa stranamente non rilevata dai mass-media, i livelli di inflazione sono il doppio o il triplo degli altri paesi europei; si è realizzata cioè quella situazione indicata da sempre e da tutti gli economisti come la peggiore: inflazione e contemporaneamente recessione. Gli unici non penalizzati appaiono essere i banchieri oggetto di particolare cura ed attenzione da parte dell'attuale governo, in pratica l'unica attività imprenditoriale nel nostro paese ad ottenere benefici.

Tralasciando questioni molto poco trasparenti come l'ipotesi di evasione fiscale e di esportazione di capitali, per arrivare all'oscura vicenda del Monte dei paschi di Siena che ha attirato l'attenzione della Consob a causa delle forti rivalutazioni del titolo all'annuncio dell'intervento del Mef: una crisi da una parte pagata dai Lavoratori del Monte, destinatari di feroci tagli di occupazione, e dai contribuenti attraverso l'intervento del Mef (si parla della necessità di una ricapitalizzazione pari a 4 miliardi di euro!) mentre dall'altra parte la "solita" assoluzione per amministratori, grandi azionisti e la politica da sempre coinvolta nella gestione della Banca. inoltre, in un clima di generale conformismo, per poter governare a "mani libere" si sta affermando una sorta di restaurazione autoritaria: il parlamento legifera esclusivamente con voto di fiducia e le rare volte che pretende di "dire la sua" viene minacciato di una crisi politica che non saprebbe gestire; per altro verso e d'altra parte si è "provveduto" a neutralizzare il Sindacato sottraendogli i poteri di contrattazione ed escludendolo-sostanzialmente dal confronto sui principali temi che caratterizzano la vita e la condizione dei Lavoratori come il sistema previdenziale e la riforma del mercato del lavoro. Luigi Einaudi, uomo certamente non sospettabile di simpatie per i soviet e spirito coraggiosamente indipendente al quale non poteva sfuggire il destino cupo e tragico in cui il paese sarebbe stato trascinato dal regime dittatoriale, scrive nel 1924, due anni dalla marcia su Roma, la "bellezza della lotta". Ebbene Einaudi, in quello scritto da liberale in politica e liberista in economia, sosteneva che la libera dialettica sociale tra interessi contrapposti, esercitata al di fuori dai monopoli sindacali e industriali, è elemento di crescita e di sviluppo per la società moderna, quando, invece, si pretende di intervenire con provvedimenti normativi o legislativi per regolare gli opposti interessi rappresentati dai diversi gruppi sociali, si è in presenza di uno stato totalitario la cui economia è destinata a languire o addirittura a recedere. Evidentemente alla luce dei fatti, il "governo dei professori" non condivide le opinioni dell'insigne Maestro. Da tutto ciò emerge che non solo si è in presenza di una grave crisi economica e finanziaria e delle connesse problematiche di risanamento, ma, sia pure sottotraccia, si evidenzia una ancora più grave criticità che riguarda la tenuta del sistema democratico nel nostro paese. Impressiona e spaventa che a distanza di otto mesi dalla scadenza naturale per il rinnovo delle Camere sia partita già una campagna elettorale i cui spin-doctors vengono da lontano spesso da oltreoceano. Le grandi istituzioni internazionali e le "famigerate" agenzie di rating, organismi misteriosi ed incontrollati che sempre più gli osservatori in materia economica e politica finalmente cominciano a percepire quale braccio armato della grande speculazione internazionale, quella tanto per intendersi che gioca con i destini dei popoli, ci fanno sapere che nel 2013 la crisi in italia potrebbe finire a condizione che venga confermato il governo Monti. Ora a prescindere che sarebbe utile sapere qualcosa di più sui meccanismi di uscita dalla crisi attesi i fondamentali attuali dell'economia italiana, costoro praticamente ci dicono che il popolo italiano è incapace di intendere e volere e quindi se esercitasse liberamente il proprio voto finirebbe per combinare pasticci. Non c'è che dire: una significativa conferma in ordine a da dove "viene" l'attuale governo e una inaccettabile pretesa di limitare la sovranità popolare, sino ad oggi garantita dalla Costituzione, decidendo a new York o in qualunque altro luogo quale debba essere o non essere il governo italiano. Dichiarazioni inusitate e prive di precedenti, un atteggiamento mai tenuto nel passato nemmeno nei confronti del terzo mondo, ma quello che veramente annichilisce e fa preoccupare è che non abbiano trovato alcuna adeguata risposta da parte delle istituzioni e della politica italiana: i partiti appaiono impegnatissimi nel balletto della riforma del sistema elettorale alla ricerca ognuno di loro del massimo vantaggio, il parlamento appare sempre più come un bivacco in disarmo e il governo, che per inciso ha giurato di difendere la Costituzione, tace ed evidentemente… incassa soddisfatto. Siamo, quindi, al crepuscolo della Democrazia? Difficile dirlo, certo è che oggi essa appare fortemente appannata e se non ci dovesse essere uno scatto di orgoglio complessivo, se dovessimo prendere atto con dolore che è riuscita l'opera di conformismo che da tempo è in atto, non dovremo parlare di fase crepuscolare bensì di cancellazione.

Lucio rizzo

 

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 Lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri

 

Il Segretario Generale Massimo Battaglia ha fatto pervenire una lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Monti, relativa alle rivendicazioni stipendiali dei dipendenti pubblici:

Sig. Presidente,

Le scrivo questa lettera per far sentire la voce di un popolo che spesso è denigrato e mediaticamente umiliato solo per il fatto di appartenere alla categoria dei lavoratori statali, i quali, ogni giorno tra mille difficoltà, riescono a far sì che la pubblica amministrazione continui a funzionare. La Federazione Confsal-Unsa che rappresento è il quarto sindacato del comparto dei ministeri, e il primo in alcuni dicasteri; per questo avverto la grande responsabilità verso migliaia di lavoratori e delle loro famiglie di trasmettere le loro rivendicazioni, i loro timori, le loro insicurezze, ma anche la loro rabbia, alla classe politica in generale e al governo che Lei guida. So bene che Lei sta cercando di fare del suo meglio nel contesto di una crisi continentale che stiamo attraversando, ma mi permetta di richiamare la Sua attenzione sul fatto che -sperando di non essere considerato uno dei tanti che protestano solo per il gusto di farlo- i lavoratori sono in una condizione al limite della sopravvivenza, poiché con 1.200 o 1.400 euro al mese non riescono più a garantire una sicurezza di vita al proprio nucleo familiare.

La drammatica contrazione del potere di acquisto degli stipendi medi – oggi divenuti bassi- è resa ancor più insostenibile a causa delle tasse che tutti i governi, quelli prima di Lei ed anche il suo, hanno catapultato su tutti i lavoratori dipendenti. Certo, il nostro Paese sta vivendo la crisi più difficile degli ultimi 40 anni. Ma è innegabile che tale situazione trovi una delle cause primarie nella gestione della cosa pubblica realizzata dall'intera classe politica, la quale non ha fatto nei decenni quello per cui il popolo l'ha eletta in Parlamento. Al contrario, essa ha beneficiato di ampi privilegi, a tutto vantaggio di sé stessa e dell'organizzazione partitica che ne ha assicurato l'elezione.

Per tutto questo Sig. Presidente, unendo senso di necessità e memoria storica, ho l'obbligo, per il ruolo ricoperto, di farmi portatore nei suoi confronti di quanto emerso nella nostra ultima manifestazione di protesta del 10 novembre 2012 tenutasi a Roma, intitolata "Stipendio Day", in cui migliaia di persone hanno democraticamente gridato la loro rabbia ma anche il loro orgoglio di essere lavoratori che hanno giurato fedeltà alla Repubblica italiana, ed hanno richiesto l'adeguamento degli stipendi al costo della vita per poter assolvere alle responsabilità di padri e di madri di famiglia.

Per tale motivo, a loro nome, sono a chiederLe un intervento diretto, politico, volto a aprire immediatamente i contratti del pubblico impiego.

Nella speranza che Ella possa trovare un minuto della sua giornata per rispondere alla mia lettera, Le garantisco che la sua eventuale risposta sarà trasmessa ai lavoratori da me rappresentati.

Massimo Battaglia

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Riqualificazione passaggi d'area dei Ministero per i Beni e le attività culturali.

 

I lavoratori del Ministero per i Beni e le Attività Culturali constatano con grande rammarico che a distanza di cinque anni dalla pubblicazione del bando per i passaggi fra le aree, solo la metà dei posti messi a concorso sono stati finanziati ed approvati.

Sarebbe ora che tutte le OO.SS., costituissero un fronte comune nel richiedere, a tutti i livelli istituzionali, compreso quello politico, il finanziamento dell'altro 50% dei posti a concorso.

È necessario che non vada disperso l'impegno già sostenuto sia dall'Amministrazione sul piano organizzativo ed amministrativo con il lavoro di tutte le Commissioni Regionali e Nazionali, sia da parte dei dipendenti che hanno investito intere giornate di lavoro per prepararsi e seguire i corsi programmati nell'ambito delle procedure di riqualificazione, considerando che questi posti sono stati già contratti e banditi. Si vuole

evidenziare che tramite i meccanismi della spending rewiew si riescono a tagliare somme ingenti nell'ambito dei Ministero e non si sia, invece riusciti a trovare, nel corso di questi anni, le modeste somme per finanziare i passaggi d'area già definiti, in quanto non si tratta di finanziare nuove .assunzioni, ma semplicemente, nella quasi totalità dei casi, di slittamento di una posizione economica.

I lavoratori del Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Seguono Firme

NOTIZIARIO ON-LINE SINDACATO CULTURA LAVORO N. 81/2012 DEL MESE DI NOVEMBRE

Archivi e riorganizzazione del Ministero.

 

Si pubblica qui si seguito il documento collettivo in merito alla situazione degli istituti archivistici periferici del MiBAC e sull'ipotesi di riorganizzazione e riduzione in discussione.

I sottoscritti dipendenti del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, funzionari e impiegati degli istituti archivistici, intendono esprimere la loro opinione in merito al dibattito sorto intorno all'eventuale riforma del MiBAC derivata dalla Legge 135/2012 «recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini».

Nell'ambito dell'applicazione della sopraddetta al settore archivistico statale di recente il Consiglio Direttivo dell'ANAI - Associazione Nazionale Archivistica Italiana «dopo aver preso in considerazione varie opinioni e proposte recenti sulla riorganizzazione del Ministero, ha deciso di scrivere al Ministro una lettera in data 31 ottobre con richiesta di dialogo e alcune osservazioni, con particolare riferimento alla necessità che le decisioni da prendere non siano mirate alla pura riduzione di risorse, ma tengano conto della realtà operativa e delle esigenze funzionali degli istituti del settore» (per la lettura completa vedi http://media.regesta.com.

Il documento costituisce una efficace sintesi dei punti più salienti in discussione e, in modo equilibrato, una rivendicazione e una difesa competenti ed intelligenti delle funzioni e delle attività di Archivi e Soprintendenze.

Esso, in particolare, ci sembra meritevole di attenzione in alcuni punti ben esplicitati.

In primo luogo chiede che sia «rafforzata in concreti ambiti operativi (interventi sui beni di competenza esclusiva, iniziative di studio, descrizione, valorizzazione e divulgazione) l'autonomia tecnico-scientifica degli organi periferici che operano sul patrimonio archivistico, ancora troppo genericamente prevista dall'art. 17 (N.d.R.: del DPR 233/2007] rispetto alle Direzioni regionali.

L'autonomia non è un fine in sé o una rivendicazione di prestigio, ma condizione per l'efficacia di un'attività non meramente burocratica».

Dopo aver denunciato «una tendenza all'accentramento e appesantimento burocratico delle procedure nelle Direzioni Regionali», si sofferma su una delle peculiarità dell'Amministrazione affermando che «la capillarità della rete degli istituti archivistici sul territorio è un valore che il Ministero dovrebbe difendere» e che, sempre per quanto concerne la realtà degli Archivi di Stato, è «doveroso che importanti servizi culturali (e di garanzia giuridica) continuino a essere svolti, con direttori scientifici, proprio sul territorio in cui sono radicati spesso da oltre un secolo (o anche più, quando si tratti di ex capitali di Stati preunitari)».

Nella sostanza l'autonomia si espleta con la possibilità di prendere decisioni in modo rapido ed efficiente, anche in materia di spesa, tanto che anche «i direttori archivisti non dirigenti dovrebbero mantenere autonomia scientifica e almeno in parte anche amministrativa, come funzionari delegati, per garantire efficacia alla loro azione gestionale e culturale nell'area di competenza».

A partire dall'autorevole presa di posizione dell'associazione di categoria, che ringraziamo per l'attenzione dimostrata, i sottoscritti manifestano la loro preoccupazione che l'ennesima riorganizzazione si traduca in una ulteriore contrazione della capacità operativa degli istituti archivistici, contrazione d'altra parte palesemente contraria alle aspettative e agli obbiettivi fissati dagli organi politici.

Crediamo che gli istituti archivistici non possano essere considerati uffici di rappresentanza o appendici burocratiche in quanto sono chiamati a rispondere, attraverso servizi alle comunità, di un patrimonio materiale e cospicuo ossia di chilometri di documentazione di interesse storico (allocati a volte in immobili di interesse artistico).

Il ruolo di Archivi di Stato e Soprintendenze Archivistiche, in termini non solo di conservazione ma di valorizzazione e promozione, è quanto mai rilevante, specialmente laddove essi sono i principali se non unici siti archivistici funzionanti (veri e propri "poli") e permettono, conservando pure archivi storici pubblici, di enti locali e di privati, la fruizione del patrimonio nelle sale di studio e, se supportati con risorse adeguate, con altri mezzi (siti Web, pubblicazioni, laboratori, ecc.).

Se difettasse l'autonomia decisionale e di spesa sarebbero compromesse proprio quelle iniziative che a parole, non sempre nei fatti, sono caldeggiate dall'Amministrazione, ovvero le manifestazioni, la formazione e la didattica, gli stessi lavori archivistici che se possibile si avvalgono del contributo di sponsor locali grazie al rapporto diretto con direttori riconosciuti e riconoscibili nella loro potestà.

Insomma, i sottoscritti ritengono fondamentale che l'allocazione delle risorse avvenga, prima di tutto, dove è valorizzato il patrimonio e sono erogati i servizi al pubblico (si rammenti la testuale «invarianza dei servizi ai cittadini» della norma di legge) i quali per essere sempre cospicui e puntuali necessitano di risorse certe e specifiche.

È importante ribadire e definire il "chi fa e che cosa fa" in riferimento alla mission della nostra amministrazione, mission che può essere addirittura funzione della vision ossia di cosa le persone percepiscono dell'ente (i nostri istituti) nel concreto dell'esperienza e della comunicazione grazie ad una presenza che è presidio autentico non eliminabile o comprimibile in modo indolore in nome di una discutibile economicità.

In definitiva, in base ai compiti e agli obbiettivi, tutti gli istituti sono e debbono essere considerati sullo stesso piano; la loro articolazione, la vantata rete capillare, priva di doppioni e di superfetazioni, può essere considerata funzionalmente ed economicamente sostenibile come è dimostrato, pur patendo il continuo calo di risorse, dalla perdurante e ostinata vitalità espressa negli ultimi anni.

Però a tutto c'è un limite.

I responsabili e il personale degli istituti hanno imparato a tirare la cinghia, a individuare faticosamente co-llaborazioni e contributi diversi in sede locale, tuttavia ci sembra giunto il momento che il Ministero dia un segnale di rilancio, che investa in tutte le sedi; chiediamo che si fidi, che investa su di noi e inoltre su una nuova necessaria leva di professionisti pubblici e privati che vivifichino il settore culturale italiano, da più parti considerato il "petrolio" del nostro Paese. Non vogliamo rassegnarci né al declino né all'oblio, riteniamo di non difendere privilegi o rendite, chiediamo di fare al meglio, con efficienza e, perché no?, con libertà ed entusiasmo, il lavoro che siamo chiamati a fare. Non è semplice né remunerativo ma possiede il richiamo di saperi sedimentati nel processo storico, si consolida nella pratica documentaria e nella ricerca, si nutre e si rafforza attraverso l'approfondimento delle relazioni che nei territori sempre si sviluppano.

Per tutto quanto sopra enunciato i sottoscritti invitano il superiore Ministero a preservare e a rafforzare l'identità e la natura degli istituti archivistici periferici assicurando loro piena autonomia scientifica e di spesa ai fini della tutela, manutenzione e valorizzazione del patrimonio posseduto o vigilato, un patrimonio unico per quantità e qualità.

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