lunedì, novembre 26, 2012

NOTIZIARIO ON-LINE SINDACATO CULTURA LAVORO N. 81/2012 DEL MESE DI NOVEMBRE

Archivi e riorganizzazione del Ministero.

 

Si pubblica qui si seguito il documento collettivo in merito alla situazione degli istituti archivistici periferici del MiBAC e sull'ipotesi di riorganizzazione e riduzione in discussione.

I sottoscritti dipendenti del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, funzionari e impiegati degli istituti archivistici, intendono esprimere la loro opinione in merito al dibattito sorto intorno all'eventuale riforma del MiBAC derivata dalla Legge 135/2012 «recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini».

Nell'ambito dell'applicazione della sopraddetta al settore archivistico statale di recente il Consiglio Direttivo dell'ANAI - Associazione Nazionale Archivistica Italiana «dopo aver preso in considerazione varie opinioni e proposte recenti sulla riorganizzazione del Ministero, ha deciso di scrivere al Ministro una lettera in data 31 ottobre con richiesta di dialogo e alcune osservazioni, con particolare riferimento alla necessità che le decisioni da prendere non siano mirate alla pura riduzione di risorse, ma tengano conto della realtà operativa e delle esigenze funzionali degli istituti del settore» (per la lettura completa vedi http://media.regesta.com.

Il documento costituisce una efficace sintesi dei punti più salienti in discussione e, in modo equilibrato, una rivendicazione e una difesa competenti ed intelligenti delle funzioni e delle attività di Archivi e Soprintendenze.

Esso, in particolare, ci sembra meritevole di attenzione in alcuni punti ben esplicitati.

In primo luogo chiede che sia «rafforzata in concreti ambiti operativi (interventi sui beni di competenza esclusiva, iniziative di studio, descrizione, valorizzazione e divulgazione) l'autonomia tecnico-scientifica degli organi periferici che operano sul patrimonio archivistico, ancora troppo genericamente prevista dall'art. 17 (N.d.R.: del DPR 233/2007] rispetto alle Direzioni regionali.

L'autonomia non è un fine in sé o una rivendicazione di prestigio, ma condizione per l'efficacia di un'attività non meramente burocratica».

Dopo aver denunciato «una tendenza all'accentramento e appesantimento burocratico delle procedure nelle Direzioni Regionali», si sofferma su una delle peculiarità dell'Amministrazione affermando che «la capillarità della rete degli istituti archivistici sul territorio è un valore che il Ministero dovrebbe difendere» e che, sempre per quanto concerne la realtà degli Archivi di Stato, è «doveroso che importanti servizi culturali (e di garanzia giuridica) continuino a essere svolti, con direttori scientifici, proprio sul territorio in cui sono radicati spesso da oltre un secolo (o anche più, quando si tratti di ex capitali di Stati preunitari)».

Nella sostanza l'autonomia si espleta con la possibilità di prendere decisioni in modo rapido ed efficiente, anche in materia di spesa, tanto che anche «i direttori archivisti non dirigenti dovrebbero mantenere autonomia scientifica e almeno in parte anche amministrativa, come funzionari delegati, per garantire efficacia alla loro azione gestionale e culturale nell'area di competenza».

A partire dall'autorevole presa di posizione dell'associazione di categoria, che ringraziamo per l'attenzione dimostrata, i sottoscritti manifestano la loro preoccupazione che l'ennesima riorganizzazione si traduca in una ulteriore contrazione della capacità operativa degli istituti archivistici, contrazione d'altra parte palesemente contraria alle aspettative e agli obbiettivi fissati dagli organi politici.

Crediamo che gli istituti archivistici non possano essere considerati uffici di rappresentanza o appendici burocratiche in quanto sono chiamati a rispondere, attraverso servizi alle comunità, di un patrimonio materiale e cospicuo ossia di chilometri di documentazione di interesse storico (allocati a volte in immobili di interesse artistico).

Il ruolo di Archivi di Stato e Soprintendenze Archivistiche, in termini non solo di conservazione ma di valorizzazione e promozione, è quanto mai rilevante, specialmente laddove essi sono i principali se non unici siti archivistici funzionanti (veri e propri "poli") e permettono, conservando pure archivi storici pubblici, di enti locali e di privati, la fruizione del patrimonio nelle sale di studio e, se supportati con risorse adeguate, con altri mezzi (siti Web, pubblicazioni, laboratori, ecc.).

Se difettasse l'autonomia decisionale e di spesa sarebbero compromesse proprio quelle iniziative che a parole, non sempre nei fatti, sono caldeggiate dall'Amministrazione, ovvero le manifestazioni, la formazione e la didattica, gli stessi lavori archivistici che se possibile si avvalgono del contributo di sponsor locali grazie al rapporto diretto con direttori riconosciuti e riconoscibili nella loro potestà.

Insomma, i sottoscritti ritengono fondamentale che l'allocazione delle risorse avvenga, prima di tutto, dove è valorizzato il patrimonio e sono erogati i servizi al pubblico (si rammenti la testuale «invarianza dei servizi ai cittadini» della norma di legge) i quali per essere sempre cospicui e puntuali necessitano di risorse certe e specifiche.

È importante ribadire e definire il "chi fa e che cosa fa" in riferimento alla mission della nostra amministrazione, mission che può essere addirittura funzione della vision ossia di cosa le persone percepiscono dell'ente (i nostri istituti) nel concreto dell'esperienza e della comunicazione grazie ad una presenza che è presidio autentico non eliminabile o comprimibile in modo indolore in nome di una discutibile economicità.

In definitiva, in base ai compiti e agli obbiettivi, tutti gli istituti sono e debbono essere considerati sullo stesso piano; la loro articolazione, la vantata rete capillare, priva di doppioni e di superfetazioni, può essere considerata funzionalmente ed economicamente sostenibile come è dimostrato, pur patendo il continuo calo di risorse, dalla perdurante e ostinata vitalità espressa negli ultimi anni.

Però a tutto c'è un limite.

I responsabili e il personale degli istituti hanno imparato a tirare la cinghia, a individuare faticosamente co-llaborazioni e contributi diversi in sede locale, tuttavia ci sembra giunto il momento che il Ministero dia un segnale di rilancio, che investa in tutte le sedi; chiediamo che si fidi, che investa su di noi e inoltre su una nuova necessaria leva di professionisti pubblici e privati che vivifichino il settore culturale italiano, da più parti considerato il "petrolio" del nostro Paese. Non vogliamo rassegnarci né al declino né all'oblio, riteniamo di non difendere privilegi o rendite, chiediamo di fare al meglio, con efficienza e, perché no?, con libertà ed entusiasmo, il lavoro che siamo chiamati a fare. Non è semplice né remunerativo ma possiede il richiamo di saperi sedimentati nel processo storico, si consolida nella pratica documentaria e nella ricerca, si nutre e si rafforza attraverso l'approfondimento delle relazioni che nei territori sempre si sviluppano.

Per tutto quanto sopra enunciato i sottoscritti invitano il superiore Ministero a preservare e a rafforzare l'identità e la natura degli istituti archivistici periferici assicurando loro piena autonomia scientifica e di spesa ai fini della tutela, manutenzione e valorizzazione del patrimonio posseduto o vigilato, un patrimonio unico per quantità e qualità.

Seguono Firme

 

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