lunedì, agosto 06, 2012

DAL NOTIZIARIO

IL MiBAC A CORTO DI SOLDI PER PAGARE     BOLLETTE E MANUTENZIONE ORDINARIA DEI PROPRI ISTITUTI, DISTRIBUISCE FIUMI DI EURO AI "SOLITI" CARROZZONI.

 

In dieci anni (2000-2010) ha finanziato quasi 300 milioni al "carrozzone" del maggio musicale fiorentino ed oggi gli paga anche la trasferta in Sud America (oltre 500 mila euro…?)

 

La Fondazione del Maggio Musicale Fiorentino dal 1999 a oggi non ha mai avuto il bilancio in pareggio o in attivo. Sempre in rosso. Con l'unica eccezione del 2005 quando intervenne il commissario Salvatore Nastasi che, venduta la Longinotti, ricavò otto milioni di euro, pagò i sei di debito e ne lasciò due come base di partenza per l'anno successivo, quando il bilancio tornò in rosso. In definitiva, dal 1999 al 2011 il Maggio ha «collezio-nato» oltre 51 milioni di euro di debiti, mentre lo Stato, nello stesso periodo, al Maggio ne ha erogati quasi 300. Ma non basta: a questi vanno aggiunti gli oltre 40 milioni elargiti dai soci privati, gli oltre 33 del Comune, i circa 23 della Regione e i 5,6 della Provincia. Totale: oltre 400 milioni di euro. La Fondazione Maggio Musicale Fiorentino doveva essere commissariata sin dal 2011. Lo dicono i numeri che, se confrontati alle leggi vigenti, non lasciano scampo. Le Disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato (decreto Legislativo 29 giugno 1996, n. 367) all'articolo 21 l'autorità di Governo ha previsto che « dispone (cioè non si tratta più di una scelta ma di un dovere, ndr) in ogni caso lo scioglimento del consiglio di amministrazione della fondazione quando i conti economici di due esercizi consecutivi chiudono con una perdita del periodo complessivamente superiore al 30 per cento del patrimonio...».

Rapportando questa norma alla situazione della Fondazione Maggio Musicale Fiorentino appare chiaro che i responsabili del MiBAC non avevano scelta: dovevano commissariare il Maggio. Infatti se noi sommiamo il deficit del bilancio consuntivo 2010 (8,3 milioni di euro) a quello dell'anno precedente (2,3 milioni di euro) raggiungiamo la somma di 10,6 milioni di euro. Secondo la suddetta norma vigente, questa somma non deve superare il 30% del patrimonio disponibile della Fondazione, pena lo scioglimento del consiglio di amministrazione e il commissariamento.

Ma a quanto ammonta il patrimonio disponibile della Fondazione presieduta da Matteo Renzi? Secondo quanto reso noto dalla stessa direzione del Maggio, il patrimonio netto è di 17 milioni di euro.

A questo punto non occorre essere dei grandi geni in matematica per comprendere che 10,6 milioni sono un po' più del 30% di 17 milioni. Per la precisione, rappresentano il 62,4%, ovvero più del doppio della quota, superata la quale, dovrebbe scattare il commissariamento.

Il nuovo teatro del Maggio (dove nella commissione per l'affidamento dei lavori ci stava anche il Dott. Nastasi…) alla fine costerà circa 250 milioni di euro (ne mancano almeno 100 all'appello) per costruire un edificio che, secondo il capitolato per il concorso del 2007, costava 83 milioni di euro, saliti poi a 250 per via di tutte le integrazioni necessarie; non solo: il nuovo teatro prevede tre spazi (una sala grande da 1800 posti, un piccola da mille e la cavea da 2500) non cumulabili. Salta all'occhio subito il fatto che, rispetto all'attuale Teatro Comunale di Corso Italia, (che ha una capienza di 2mila spettatori) nel nuovo teatro si son persi 200 posti. E spesi 250 milioni di euro. Roba da pazzi! E per non parlare delle spese di gestione dell'immenso baraccone, improponibili senza l'intervento di sponsor.

La patrimonializzazione di un bene non completamente funzionante, costruito su un terreno non di proprietà comunale, sembra essere ai limiti della legalità. Non a caso uno dei membri del cda del Maggio, ex Sindaco Primicerio, proprio un anno fa ( luglio 2011) ha rilasciato un'intervista affermando che secondo lui non era possibile questa operazione e che comunque doveva decidere il MiBAC.

La lirica soffre e, nei confronti degli altri settori dello spettacolo afferenti al Mibac, rappresenta un tumore. Dallo Stato – che ogni anno finanzia gli spettacoli dal vivo attraverso il Fus (Fondo unico dello Spettacolo) – la lirica "succhia" risorse oltre ogni limite (dettato dal buonsenso), ma restituisce poco o niente. Insomma, soldi spesi male, buttati, tolti al resto del mondo dello spettacolo italiano che, al contrario, si dimostra assai più produttivo rispetto alle risorse che riceve. E non si tratta di opinioni ma di numeri, cifre impietose che gettano nuovamente luce su una situazione giunta ormai a un livello di assoluta insostenibilità. Secondo il report del MiBAC, denominato Minicifre della Cultura 2011, nel 2010 si sono tenuti 179.196 spettacoli dal vivo, che hanno generato 34.066.705 ingressi a pagamento. Sempre nel 2010 gli spettacoli di lirica sono stati 3102, per un totale di 2.063.736 biglietti staccati. Nel caso del numero degli spettacoli, quelli di lirica, rispetto al totale, rappresentano l'1,73%; a livello di biglietti staccati non si va oltre il 6,06% del totale. Cifre minime, perfino risibili se confrontate agli altri settori dello spettacolo. Infatti a fare la parte del leone, a livello di biglietti staccati, c'è il teatro (14.604.764), seguito dai concerti di musica leggera (7.285.525 biglietti staccati) e dai concerti classici (3.308.821).

L'aiuto del MiBAC, tuttavia, non segue un criterio comprensibile, ma obbedisce a logiche che non hanno niente a che vedere col buonsenso e con la corretta gestione del denaro pubblico. Infatti il Fus, che nel 2010 ammontava a 334.278.000 di euro, per il 59,26% (pari a 198.078.000 di euro) è andato alle (sole) 14 fondazioni liriche italiane. Queste però sono le stesse che staccano il 6,06% dei biglietti degli spettacoli dal vivo. Chiunque si accorgerebbe della sperequazione e si chiederebbe perché lo Stato – cioè noi – dobbiamo finanziare con i nostri soldi una forma di spettacolo che piace così poco ed è così costosa. Senza contare il prezzo del biglietto dei differenti tipi di spettacolo: il prezzo medio di un biglietto per uno spettacolo di lirica in Italia nel 2010 è costato 45,66 euro, mentre quello di musica leggera è costato 26,88 euro; allo stesso tempo uno spettacolo di lirica ha generato mediamente un incasso al botteghino di 30.378 euro, mentre un concerto di musica leggera ha portato 9559 euro per sera: peccato che gli spettacoli di lirica siano stati solo il 15,14% di quelli di musica leggera. Stando così le cose, è evidente che la lirica è sempre più un settore di nicchia, per pochi interessati e che se lo possono permettere. Ma allora, perché lo Stato – con quasi 2 euro su 3 stanziati destinati alla lirica – sceglie di destinare le risorse pubbliche solo a questa forma di spettacolo?

Come se non bastasse, proprio in questi giorni il Cipe ha previsto i primi 12 milioni di euro per finire il nuovo teatro del Maggio. Se non ne arrivano altri 28 questi non serviranno a niente. 40 milioni almeno per far funzionare la torre scenica proporre le opere liriche. Tutti, ma proprio tutti si accorgono che in Italia ci sono ben altre emergenze. Tutti fuorché chi opera - e lo fa senza la necessaria onestà intellettuale - nell'ambito della lirica italiana. A conti fatti, quindi, il Maggio non solo è nella bufera ma, salvo interventi divini (MiBAC?, Nastasi?), difficilmente si salverà nella forma attuale. E con esso tutto il comparto della lirica, che oggi rappresenta un'eccellenza nazionale, soprattutto nel far debiti. E in tempi di spending review questo non è più ammissibile.

Solo il sindaco non capisce che la situazione non è drammatica, ma disperata. E non totalmente per colpa sua, questo sì, è vero.

Giuseppe Urbino

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