mercoledì, ottobre 23, 2013

NOTIZIARIO ON-LINE SINDACATO CULTURA LAVORO N. 92/13 DEL MESE DI OTTOBRE 2013

osservazioni dellA CONFSAL-UNSA per la riforma del Ministero e per il rilancio dei Beni Culturali

 

Così com’è noto, il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali fu istituito da Giovanni Spadolini, (con decreto-legge 14 dicembre 1974, n. 657, convertito nella legge 29 gennaio 1975, n. 5 - g.u. 14 febbraio 1975, n. 43), con il compito di affidare unitariamente alla specifica competenza di un Ministero appositamente costituito la gestione del patrimonio culturale e dell'ambiente al fine di assicurare l'organica tutela di interesse di estrema rilevanza sul piano interno e nazionale (organizza-zione del ministero per i beni culturali e ambientali con d.p.r. n. 805 del 3 dicembre 1975).

Il Ministero raccolse le competenze e le funzioni in materia che erano prima del Ministero della Pubblica Istruzione (antichità e belle arti, accademie e biblioteche), Ministero degli Interni (archivi di stato) e della Presidenza del Consiglio dei Ministri (discoteca di stato, editoria libraria e diffusione della cultura).

Fatte queste premesse, che appartengono alla storia del MiBACT, è bene soffermarsi sul fatto che tale Ministero ha subito nel tempo innumerevoli riforme con cambiamenti di denominazione e di competenze.

Salta subito all’occhio come, con il passare degli anni, tale Dicastero si sia enormemente appesantito e burocratizzato trasformandosi da una struttura snella e facilmente gestibile in una struttura pesante con un numero esorbitante di Direzioni Generali con l’aggiunta delle Direzioni Regionali, al cui vertice vi sono dei Dirigenti Generali.

La prima organizzazione del Ministero (d.p.r. n. 805 del 3 dicembre 1975) prevedeva, a livello centrale:

1. Ufficio Centrale per i Beni Ambientali, Architettonici, Archeologici, Artistici e Storici;

2. Ufficio Centrale per i Beni Archivistici;

3. Ufficio Centrale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali;

4. Direzione Generale per gli Affari Generali Amministrativi e del Personale, cui è preposto un Dirigente Generale.

Orbene, le varie riforme che si sono succedute nel tempo hanno inevitabilmente cambiato la struttura centrale e periferica del MiBACT senza però, ad avviso dello scrivente Coordinamento, ottenere risultati entusiasmanti.

Ad esempio, le competenze delle Direzioni Regionali dovrebbero essere ampiamente riviste e ridimensionate.

Esse potrebbero concentrarsi su funzioni di supporto amministrativo e tecnico (ma solo ove la messa in comune di determinati servizi risultasse di effettivo vantaggio per l’efficacia e l’economicità dell’azione), di coordinamento delle azioni di tutela che coinvolgano beni di natura diversa e – ove occorra - rappresentanza istituzionale del Ministero verso soggetti terzi (senza tuttavia inibire quell’autonomia scientifica e quei contatti diretti di cui Soprintendenze, Archivi di Stato, Biblioteche etc necessitano per consolidare il proprio ruolo di riferimento tecnico gratuito e imparziale in materia di gestione e il loro prestigio di istituzioni culturali, che alimenta tradizioni talora molto antiche di collaborazione con Uffici statali, Enti pubblici e società civile).

In alternativa, la nostra proposta è quella di una totale soppressione delle Direzioni Regionali, centralizzando nuovamente l’azione del Ministero, snellendo così l’azione amministrativa e rafforzando l’azione delle Soprintendenze le quali agiscono prettamente sul territorio e conoscono profondamente la realtà operativa rispetto alla tutela, la conservazione e la fruibilità del patrimonio culturale.

Ciò può rappresentare nuove forme di valorizzazione integrata maggiormente sostenibili nonché un risvolto verso quegli strumenti giuridici più idonei per la governance territoriale, come anche quelli dedicati alla gestione dei singoli luoghi della cultura, al fine di favorire sia un migliore inserimento di musei, aree archeologiche, monumenti, archivi, biblioteche ed altre istituzioni analoghe nell’ambito dei contesti territoriali di riferimento, sia di conferire agli stessi una maggiore flessibilità e snellezza operative.

Una nota a parte merita la Direzione Generale per la valorizzazione del patrimonio culturale che anche se in fase di prima applicazione non ha rispettato gli ampi propositi circa la sua istituzione, tuttavia nel tempo si è dimostrata una novità di successo per l’immagine del Ministero per le appropriate iniziative messe in campo e per lo studio metodologico sui flussi museali e gli eventi straordinari voluti fortemente dall’attuale Ministro Bray e questo anche grazie alle competenze dimostrate dall’attuale Direttore Generale.

In buona sostanza, mai come in questo caso vale il detto “Tanti capi nessun capo” ovvero dove ci sono tanti a impartire disposizioni non si riesce più a capire chi veramente comanda.

Tornando alle Direzioni Regionali è cosa ormai nota che alcune di esse si sono recentemente sostituite alle competenze di quello che una volta era chiamato il Superiore Ministero.

Di particolare rilievo riveste la figura del Segretario Generale, che benché sia di recente introduzione, nel tempo si è dimostrata una palese e sovrastante struttura fortemente burocratica che rispondendo solo agli organi politici asseconda gli stessi senza quella particolare separazione tra politica ed amministrazione che invece dovrebbe presiedere il rapporto nella Pubblica Amministrazione.

Infatti, troviamo incorporata nella figura del Segretario Generale incarichi che si intrecciano con la sfera della dovuta trasparenza e legalità, che potrebbe andare ben oltre ai compiti primordiali di una buona Amministrazione e questo lo si riscontra, ad esempio nel fatto che il Segretario Generale risulta essere anche il responsabile del controllo sulla corruzione. Non ci vuole un genio per capire che ciò sarebbe dovuto essere nelle mani di un soggetto terzo. Gli esempi sarebbero innumerevoli ma tralasciamo per ora di annoverarli.

Da una lettura dei compiti e delle attribuzioni del Segretario Generale, possiamo facilmente distinguere che talune posizioni possono essere ingigantite sotto l’aspetto para politico quasi un doppione di altre funzioni o Uffici di diretta collaborazione con il Ministro, anch’essi dotati di autonomia funzionale e che rispondono ovviamente all’Organo politico.

L’impressione che facilmente ne trae è che vi è il rischio che nella stessa persona siano raccolte più funzioni di ambito tecnico –amministrativo – politico che possono rendere superflua l’azione amministrativa nei rispettivi ambiti e ruoli della parte restante dell’alta burocrazia e che comunque rafforzano oltremodo la funzione del Segretario Generale il quale può disporre sotto l’ampio ombrello della copertura politico-istituzionale, discrezionalmente la conduzione, la gestione e la direzione degli organi sottoposti.

Peraltro è sotto gli occhi di tutti che il MiBACT è carente di una vera e propria politica occupazionale soprattutto per quanto riguarda alcuni profili tradizionalmente propri per le specificità che tale Ministero rappresenta.

Inoltre non dobbiamo dimenticarci delle possibilità di attingere a graduatorie preesistenti e, più precisamente, a quelle degli idonei ai processi formativi di riqualificazione interna del personale.

Anche in questo caso il MiBACT si è dimostrato generosamente dissipatore di soldi pubblici vista l’immensa macchina che all’epoca si mise in moto per organizzare i corsi di formazione, le relative commissioni e sotto commissioni e il sostenimento degli esami finali da parte dei partecipanti.

Il personale del MiBACT ha un’età media di circa 55 anni e un’anzianità di servizio superiore ai 30 anni. Orbene la maggior parte di questo personale vive il lavoro nel MiBACT in modo alienante e sfiduciato, senza più quelle prospettive legittime che aveva al momento dell’assunzione.

Occorre quindi reclutare in tempi rapidi e attingendo da tali graduatorie tutte quelle figure professionali necessarie al buon andamento del Ministero trovando le necessarie risorse anche in tempi di crisi come quelli attuali, che tengano conto della non ordinarietà del MiBACT rispetto alle classifiche stilate nei confronti di altri Ministeri dal momento che il MiBACT, essendo un Ministero della Cultura e del Turismo, può essere un valido volano per lo sviluppo e la crescita di questo settore in Italia, non ultimo prendendo in seria considerazione l’indotto che ruota attorno ad esso.

Assistiamo negli ultimi anni ad una molteplice creazione di Società in House messe in piedi per soddisfare più il politico di turno che per vere e proprie esigenze legate al mondo della cultura.

Si creano così dei paradossi in quanto le funzioni proprie del Dicastero che potrebbero essere assolte direttamente dallo stesso, vengono in realtà demandate a tali società con i finanziamenti che in taluni casi sono anche al 100% del nostro Ministero o in altri casi con finanziamenti del Ministero dell’Economia o altri che scandalosamente sovvenzionano, come del resto è già avvenuto in passato, Enti o quant’altro in forma ai limiti della legalità.

Tali Società (Ales, Arcus, Mirabilia, etc.) vanno chiuse ed il relativo personale assorbito nei ruoli del MiBACT.

Tenendo conto di quanto sopra esposto, riteniamo che nell’elaborazione di una rideterminazione di quello che dovrebbe essere la struttura ministeriale del futuro, si debba necessariamente partire dal concetto “cultura” nel senso stretto del termine e cioè, la cultura non intesa come l’effimero quotidiano dell’evento ricercato, ma una sana e pianificata diffusione a carattere nazionale sul piano dell’ordinarietà assicurando così contemporaneamente quell’importanza di questo particolare settore nei confronti dell’ampio pubblico a cui un servizio di qualità e non solo di quantità deve essere salvaguardato in tutti i suoi aspetti e peculiarietà con il territorio.

Giuseppe Urbino

 

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