venerdì, ottobre 21, 2011

Pompei chiama. Roma non risponde

Forse qualcuno avrà pensato che se gli scavi di Pompei sono abbandonati a sé stessi, questo è quello che ci meritiamo, frutto della nostra ignoranza e della pessima gestione, e pertanto, forse, ci si aspetterebbe qualche altra catastrofe naturale che seppellisse di nuovo e magari definitivamente questo importante sito archeologico.

In realtà il tema è un po’ più complesso e richiede intelligenze e progettualità non comuni. Innanzitutto, dal punto di vista organizzativo, dobbiamo chiederci se è stato bene riunire sotto un solo dirigente due realtà una volta unite e poi disunite per ragioni che non intendiamo (o è meglio non intendere perché a pensare male si fa peccato ma ci si azzecca, come diceva Andreotti).

Verrebbe da pensare che queste realtà, siano state riunite più per ragioni clientelari che funzionali e comunque in qualche modo legate ai tagli alla dirigenza.

Senza dubbio, nel tempo le soprintendenze si sono organizzate e fossilizzate e i mutamenti vengono mal visti e tollerati, lasciando purtroppo notevoli discrepanze sul loro funzionamento. I primi a mal tollerale questi cambiamenti sono proprio i dirigenti che vedono l’aggiunta come fumo negli occhi, un artificio pesante e tedioso.

Le vicende dell’archeologica di Napoli con Pompei molto sono dipese dalla mancata integrazione, così come sta accadendo all’Archeologica di Ostia accorpata con quella di Roma.

Peraltro, quest’ultima soprintendenza ha al suo vertice un dirigente che continua ad avere l’interim dell’Etruria meridionale ed è alla vigilia del suo collocamento a riposo. Pompei è sinonimo di contrasti, di luci ed ombre e la sua autonomia non ha fatto altro che creare una conflittualità, immobilizzando somme e rendendo più complicata la vita dell’Istituto. Ad esempio, mentre si era riusciti ad eliminare lo scempio degli ingressi e dei biglietti, mettendo ben due biglietterie ad aprire al pubblico restavano inevase le importanti questioni della sicurezza, della conservazione, il discusso punto di ristoro e il famoso problema del randagismo.

Esiste poi, ed è notorio, una paurosa assenza di una pratica della conservazione ordinaria e straordinaria. Infatti, dopo il crollo della “Schola Armaturarum” il mondo intero è stato portato a conoscenza che interventi di “consolidamento” fatti successivamente alla seconda guerra mondiale in cemento armato, non sono mai stati rimossi, oltre alla paurosa assenza di una continua opera di monitoraggio.

Di chi sono state le responsabilità? Sicuramente dei dirigenti centrali, e dei ministri che si sono succeduti nel tempo ma, ancor di più, dei vari soprintendenti.

Nessuno di loro ha avuto presente che Pompei è una città antica e per questo vulnerabile nelle sue strutture.

In questi anni, per risolvere questi problemi, se ne sono viste di tutti i colori, arrivando persino al commissariamento senza vedere prima quali nodi fossero da sciogliere per rendere efficiente la gestione autonoma. Ricorrere al commissariamento, come si è ampliamente dimostrato, qualora ce ne fosse ancora bisogno, ha creato solo problemi di spesa per il proprio funzionamento, avviando ostilità col dirigente e il personale, concentrando le risorse ed esautorando la dirigenza dalle scelte decisive. In realtà non vi sono sistemi diversi del tutto autonomi nella gestione, poiché i commissariamenti, se pur dotati di ampi poteri e di provenienza da specifiche professionalità tecniche, impongono una personale pressione sulla struttura esistente, e sono quasi sempre mal visti, dal momento che, a torto o a ragione, sono considerati un corpo estraneo. La Confsal-Unsa, più volte ha ribadito, che con una più attenta e risolutiva politica di gestione Pompei non solo non dovrebbe tanto aspettare gli eventuali fondi europei per mettere in sicurezza idrogeologica l’area archeologica, ma addirittura avrebbe potuto disporre di somme notevoli derivanti dalla vendita dei biglietti d’ingresso con le quali i lavori, potevano già partire da diverso tempo, nelle conosciute aree critiche, di cui se ne è ampiamente discusso.

Noi della Confsal-Unsa Beni Culturali siamo sempre stati, e continueremo ad esserlo, estremamente vigili su questa realtà che, almeno a parole, è stata presa a cuore anche dal neo ministro Galan che ha annunciato nuove assunzioni proprio per colmare i vuoti tecnici in quel sito.

Vigileremo quindi affinché dalle parole si passi ai fatti, ricordando peraltro che oltre ai problemi suesposti, esiste anche una cronica carenza di personale di vigilanza e che i nostri custodi in servizio a Pompei vivono la loro realtà lavorativa tra mille disagi eppure orgogliosi di prestare servizio in uno dei siti archeologici più belli del mondo.

Giuseppe Urbino

 

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